La Silimed, protagonista del clamoroso stop alla vendita delle protesi al silicone reagisce con forza ai provvedimenti che hanno interessato la Ue e l’Australia e con una nota fa sapere che “In 37 anni di storia e con piú di un milione di protesi prodotte e vendute, l’azienda non ha mai constatato nessuna contaminazione”.
L’azienda contesta la contaminazione dei suoi prodotti, garantendo che “Sono propriamente sterilizzati in acordo con i piú alti standards di sicurezza e, di conseguenza, totalmente liberi da microrganismi, con totale sicurezza per i pazienti”.
L’azienda contesta i provvedimenti europei, spiegando che: “Nella Comunitá Europea (CE) non c’é una legge o un regolamento che stabilisca un criterio sicuro per la definizione del livello di particelle”. In sostanza, secondo la Silimed, le analisi che hanno portato allo scandalo e allo stop (che, chiarisce l’azienda, è volontario) sono “soggettive”.
“La letteratura, l’analisi di rischio e la vigilanza post produzione – conclude la Silimed – in tutti questi anni, dimostrano che la presenza di particelle sterili, comuni in tutti i prodotti medici, non rappresenta un dato di rischio per la salute”.
Tutto rientrato, dunque? Non sembrerebbe, almeno non in Italia, dove l’impianto di protesi, nei molti ospedali che disponevano dei prodotti Silimed, è sospeso fino a che non verrà fatta chiarezza o si disporrà di protesi alternative.