Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, l’ha definito in una nota l’ennesimo favore alle banche, “un provvedimento vergognoso”. La reazione del dirigente dell’Unione nazionale delle imprese la dice lunga sulla difficoltà di eliminare una volta per tutte l’anatocismo dal nostro ordinamento. Un addio che sembrava ormai sancito dalla legge e dalle diverse pronunce giurisdizionali che nei mesi scorsi hanno condannato le banche che hanno fatto largo uso della prassi della capitalizzazione degli interessi. A quelle sentenze era seguita l’intenzione, a parole, di Tesoro e Banca d’Italia di abolire definitivamente l’anatocismo, ma ora i fatti sembrano smentire quelle promesse.
I “fatti” si racchiudono nel testo della proposta di delibera del Cicr (il Comitato interministeriale per il credito e per il risparmio) appena presentata e in consultazione fino al 23 ottobre, che stabilisce, da una parte, che gli interessi debbano essere contabilizzati su base almeno annuale e separatamente dal capitale, per conseguire – recita la relazione di accompagnamento – “un grado di trasparenza delle condizioni economiche più elevato, poiché il tasso effettivo corrisponderebbe al tasso nominale annuo”; ma dall’altra, che gli stessi interessi (attivi e passivi) diventino esigibili trascorsi sessanta giorni, perché – è ancora la relazione a spiegare – “definire un congruo periodo per l’esigibilità degli interessi equivale a contemperare le esigenze delle parti creditrice e debitrice. Si ritiene congruo che un periodo minimo, di regola non inferiore a sessanta giorni, potrebbe decorrere dal ricevimento dell’estratto conto”. Secondo la delibera, che potrebbe entrare in vigore dal prossimo gennaio, trascorso questo breve lasso di tempo gli interessi potranno essere addebitati sul conto corrente o sulla carta, divenendo sorte capitale e, così, generando interessi.
Un vero e proprio bluff per Unimpresa, un aggiramento della legge per salvare l’anatocismo dall’abolizione, di fatto legalizzato trascorsi appena 2 mesi dal rosso sul conto corrente.
Un meccanismo che può mettere a rischio moltissime piccole e medie imprese che vedranno salire i costi per la liquidità, “imprese che si servono del conto corrente anche come forma alternativa al credito ordinario sempre più negato dalle banche” sottolinea Longobardi. Che aggiunge: “La misura consentirà l’applicazione di interessi su altri interessi ‘vecchi’ di appena due mesi. Le operazioni interessate sono principalmente le aperture di credito in conto corrente e gli scoperti senza affidamento: nel primo caso le banche praticano tassi medi dell’11,64% per importi fino a 5.000 euro e del 9,85% per importi oltre 5.000 euro; nel secondo caso, i tassi medi praticati sono pari al 15,95% per importi fino a 1.500 euro e pari al 14,99% per importi oltre 1.500 euro. Tassi che a partire dal 1° gennaio 2016, stando al nuovo regolamento Cicr, verranno applicati su una base che si allargherà sempre di più ogni due mesi”.