Pubbliredazionale a cura di Legge3.it
Debitore Insolvente e quindi Truffatore diceva un giurista del 1300. Il concetto di Debito uguale Vergogna è un concetto ancora molto presente nel comune pensiero del cittadino italiano ma stiamo lottando per estirpare questo modo di pensare
Da sei anni il mio lavoro è portare fuori dal tunnel dei troppi debiti le famiglie che stanno lottando contro questa piaga.
Lo faccio grazie alle norme contro il Sovraindebitamento, introdotte nel nostro Paese dalla legge n. 3 del 2012 che appena fu promulgata venne soprannominata la “legge salvasuicidi” e che dal 15 luglio dello scorso anno è stata riformulata e inserita nel Codice Della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Grazie a questa norma le persone, siano esse imprenditori o consumatori, che si trovano in stato di sovraindebitamento e cioè nell’impossibilità di far fronte in maniera definitiva ai propri impegni finanziari, possono proporre, tramite una pratica in tribunale, un piano di rientro o la liquidazione dei propri beni, in modo da soddisfare quanto più è possibile i creditori e vedersi poi cancellati i debiti che non si riescono a pagare.
In pratica la legge dice: “dammi quello che puoi darmi in un determinato periodo di tempo, passato il quale, i debiti che non riuscirai a pagare te li cancello, in modo da darti la possibilità di ripartire pulito e tornare ad essere una risorsa per tutti, primo fra tutti lo Stato stesso”.
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Chiunque sente parlare di questa opportunità si pone una domanda ben specifica: “perché non se ne parla abbastanza?” A freddo verrebbe facile pensare che, essendo Sistema Bancario ed Erario i maggiori creditori degli italiani, sia una precisa volontà dei “poteri forti” quella di tenere nascoste queste preziose informazioni.
Con il passare degli anni, ascoltando le storie di migliaia di persone, parlando con avvocati e commercialisti, vedendo il comportamento di alcuni giudici e analizzando a fondo anche il comportamento che io stesso ho tenuto quando lottavo contro i debiti, sono arrivato ad una conclusione: la condizione di debitore è uno dei peccati più gravi che si possano commettere in questo Paese.
In Italia il debitore è ancora visto come un soggetto da combattere, una persona da allontanare dalla società, un delinquente da punire. La stessa legge fallimentare (che ricordo è contenuta in un Regio Decreto del 1942) è stata scritta con questo obiettivo: allontanare il fallito dalla società, tanto più che fino a non molti anni fa, al debitore incappato in un fallimento era proibito poter tentare di riaprire una qualsiasi attività e addirittura gli era proibito il voto alle elezioni.
“DECOCTOR ERGO FRAUDATOR” Debitore Insolvente e quindi Truffatore diceva un giurista del 1300.
Il concetto di Debito uguale Vergogna è un concetto ancora molto presente nel comune pensiero del cittadino italiano.
E prende le sue origini da molto prima del ‘300.
Nell’antica Grecia il debitore insolvente pagava con il corpo, e quindi il debito veniva pagato con la schiavitù se non addirittura con la vita.
Le cose non miglioravano nell’antica Roma dove il debitore diventava di proprietà del creditore e quindi lo poteva vendere al mercato degli schiavi.
Soltanto più avanti i debitori vennero distinti in due categorie: quelli in mala fede e quelli in buona fede.
I primi continueranno a pagare con il corpo i loro debiti insoluti, ma anche per quelli in buona fede i trattamenti non erano poi così magnanimi. Rimanevano esclusi dalla vita militare, politica e amministrativa.
Nel 1500 era prevista la morte per chi entro tre mesi non fosse riuscito a stipulare un concordato con i creditori.
Nel Regno di Napoli la legislazione bancaria del 1536 prevedeva per i falliti la pena di morte.
Solo nella Serenissima Repubblica di Venezia, erano previste per legge trattative fra debitore e creditori. In quell’epoca, proprio nella Serenissima Repubblica, prese piede l’usanza di spezzare il bancone usato dai banchieri insolventi nelle piazze delle città e da qui nacque il termine “bancarotta”. In certi comuni i falliti venivano fatti girare per la città legati con una corda a un asino vestiti della sola camicia. Da qui nacque il detto “restare in maniche di camicia”.
Molti detti o modi di dire prendono origine da fatti e usanze legate al “debito”.
Le “pietre del vituperio” o pietre dello scandalo esistono in tutte le città, nelle piazze più affollate, ed erano il luogo dove il debitore veniva condotto dopo essere stato denudato e lasciato solo in “braghe di tela”. La pietra del vituperio era molte volte una lastra di roccia sopra la quale i debitori dovevano restare seduti anche per giorni. Di qui la frase “essere sul lastrico” per definire una situazione economica non certo florida.
Aramengo è una città piemontese in provincia di Asti. Nel Medioevo i debitori e i falliti che abitavano nel granducato di origine longobarda, venivano confinati in quella città che si trovava ai confini più lontani del ducato.
È nel 1779 che il Granduca Pietro Leopoldo di Toscana abolì il carcere per i debitori.
E arriviamo al 1942 dove con il Regio Decreto n. 267 del 16 marzo viene regolamentato il fallimento dell’impresa e dell’imprenditore.
Obiettivo principale, come abbiamo già visto, è quello di dare massima soddisfazione ai vari creditori attraverso una parità di trattamento. Questa garanzia viene attuata dall’ordinamento attraverso delle procedure che hanno come scopo quello di liquidare il patrimonio dell’imprenditore per soddisfare i creditori.
Queste procedure prendono il nome di procedure concorsuali e prevedono l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Lo scopo principale è la drastica riduzione dell’autonomia imprenditoriale mediante la sottrazione all’imprenditore delle disponibilità dei beni e la nomina di un organo con funzioni di controllo sull’esercizio dell’attività.
Ben diversa la visione del fallimento nei paesi anglosassoni e principalmente nel paese più ricco e industrializzato al mondo, gli Stati Uniti d’America.
Negli USA l’opinione comune è che se una persona non ha avuto almeno un fallimento nella sua vita professionale, è una persona incompleta.
Da questo punto di vista la cultura americana è totalmente diversa dalla nostra.
Per loro non è pensabile creare un’azienda di successo senza sbagliare e il fallimento è un elemento naturale del mercato.
Chi fallisce deve essere messo in condizione di rimontare in sella e ripartire.
Ripartire per poter ripagare i debiti contratti precedentemente.
La Legge 3 del 2012 era nata proprio con questi presupposti e cioè dare all’indebitato la possibilità di ripartire da zero e diventare di nuovo risorsa attiva per il Paese.
Qui da noi invece, equiparandola alla legge fallimentare per le imprese, quasi tutti i soggetti coinvolti nella procedura, e quindi avvocati, commercialisti, gestori della crisi e giudici, hanno tenuto sempre la “mentalità punitiva” erede del Decoctor Ergo Fraudator di antica memoria.
Facendo un’analisi di cosa succede negli altri paesi europei possiamo osservare che proprio quelli economicamente più prosperosi sono quelli che da più tempo hanno introdotto norme per aiutare le persone sovraindebitate ad uscire da quella condizione e portarle ad essere di nuovo delle risorse produttive utili al paese stesso.
In Germania, per esempio, è stato calcolato che un euro speso per aiutare un cittadino a mettere in atto una pratica contro il sovraindebitamento, si trasforma in sei euro nel bilancio dello Stato.
In Inghilterra, Francia, Irlanda e Danimarca i cittadini che vogliono uscire dal tunnel dei troppi debiti possono aderire ai benefici delle norme previste da decenni, con l’aiuto diretto e il finanziamento da parte dei preposti ministeri, proprio per il concetto che una persona, senza più l’assillo dei creditori, può riprendere una vita normale e tornare produttiva dal punto di vista lavorativo e anche dei consumi.
In Italia la mentalità secondo cui un debitore è una persona da punire è ancora ben radicata nelle mentalità di molti, ma stiamo lottando per estirpare questo modo di pensare.
Quando mi è stata prospettata la possibilità di creare insieme ad altre persone, direttamente toccate come lo sono stato io dal problema del sovraindebitamento, una Associazione che possa divulgare la speranza, ho aderito con entusiasmo e convinzione.
Mia Moglie ed io, che questo “mestiere” lo facciamo per professione, riteniamo sia giunto il momento di “dare qualcosa indietro” come dicono gli americani.
Speriamo in fondo di poter cancellare per sempre la convinzione che “DECOCTOR ERGO FRAUDATOR” e trasformarla nella situazione di “REFRESH START FOR A NEW LIFE” come invece gli anglosassoni dicono da sempre.
Buona Vita.