Caporalato, in un anno 50mila sfruttati in più. E la rete del Ministro non decolla

Nonostante gli impegni presi dalle istituzioni, i numeri che riguardano il caporalato in Italia dicono tutt’altro. Secondo il terzo rapporto “Agromafie e caporalato” realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto – Flai Cgil, infatti, in Italia si possono stimare 430mila persone, italiani e stranieri, vittime del caporalato nelle campagne italiane, circa 30/50mila in più rispetto a quanto stimato nel rapporto precedente. E tra questi oltre 100mila sono i in condizione di “grave sfruttamento e vulnerabilità alloggiativa”.

3 euro all’ora per un lavoro massacrante

“I dati che presentiamo oggi ci consegnano una fotografia del Paese nel quale il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura sono elementi che si presentano in forma virulenta, aggressiva ed organizzata” dichiara Ivana Galli, Segretaria Generale Flai Cgil nazionale, “Per quei Lavoratori che vedono calpestati diritti e dignità in nome del maggior profitto chiediamo giusti salari e provvedimenti che rendano possibile l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro senza passare nel furgone dei caporali, senza dover essere costretti ad accettare 3 euro l’ora per un lavoro duro e faticoso in violazione di ogni contratto esistente”.

Le mani della mafia sull’ortofrutta

In un settore valutato tra i 14 e i 17,5 miliardi di euro sommersi solo in Italia, le mafie affondano le mani in ogni tipo di affare. Non solo la gestione del mercato de lavoro, ma anche “Import-export oltreoceano dei nostri prodotti agroalimentari, contraffazione di prodotti (quella agroalimentare costituisce il 16% del totale con un business da un miliardo di Euro) quali il pane, il vino, la macellazione e la pesca, solo per citare i settori più esposti. Di particolare interesse delle mafie resta il settore della logistica – continua il rapporto – del commercio all’ingrosso e al dettaglio, dei mercati ortofrutticoli e dei diversi passaggi che caratterizzano la filiera”.

“Io, caporale pentito”

Una realtà drammatica in cui un ruolo fondamentale è giocato dai caporali, un ruolo svolto anche da Francis (nome di fantasia scelto dalla Flai per proteggere la sua vera identità), per circa 4 anni prima di pentirsene. L’uomo di circa 30 anni, nato in Burkina Faso, per i primi tempi in Italia fa il bracciante per raccogliere pomodori nel foggiano e si ritrova dopo un po’ di tempo, a fare il caporale. Si occupa delle pratiche burocratiche, come la documentazione nei centri per l’impiego e presso i Comuni per l’assistenza medica, prende contatti con consulenti del lavoro e avvocati per le pratiche più difficili e recluta i braccianti. Nel suo furgone possono stare fino a 20 persone a volta. Ognuno paga Francis 5 euro a tratta.

Spesso i capi-caporali sono italiani

La storia di Francis, fatta anche di burocrazie e disbrigo pratiche racconta un quadro in cui il nero e il legale non sono completamente separati, ma sono messi in connessione da leggi inefficienti che permetto di destreggiarsi per guadagnare in maniera illecita sulla pelle dei braccianti. Una sistema complesso: “Io appartengo al gruppo di caporali/lavoratori, nel senso che stiamo con la squadra, ma ci sono caporali che trasportano solo le persone e poi svolgono altre attività illegali. Questo è il motivo che mi ha spinto ad uscire dal giro […]. È un giro sporco», spiega Francis. E spesso al vertice della struttura c’è un italiano.

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Coop: raddoppiamo i controlli

A margine della presentazione del rapporto, è intervenuta anche la Coop, ad oggi l’unica catena di distribuzione ad essersi posta pubblicamente la questione del caporalato: “ I dati forniti dall’Osservatorio Placido Rizzotto di Flai Cgil continuano ad essere preoccupanti – ha dichiarato la Cdo con una nota – Non possiamo abbassare la guardia e in previsione della stagione del pomodoro da industria (la raccolta inizia a luglio) allarghiamo la rete della campagna “Buoni e Giusti Coop” che già interessa oltre 70.000 aziende agricole nostre fornitrici e raddoppiamo il numero delle ispezioni previste nei campi di raccolta rispetto all’anno scorso. Dalla partenza della campagna “Buoni e Giusti Coop” sono già state effettuate 120 ispezioni e la previsione per fine anno è arrivare a circa 400 ispezioni complessive

Martina ammette problemi con la rete di qualità

“Dalle colline del Chianti alle campagne di Ragusa il caporalato segue le stesse regole ed il circuito dell’illegalità alimenta tutta un’economia illegale che parte proprio dai campi e segue la filiera dell’agroalimentare – ha detto la segretaria generale della Flai – Oggi nel presentare questi dati chiediamo al ministro, alla politica, alle istituzioni tutte di fare presto. Bene i controlli, bene la Rete del lavoro agricolo di qualità, bene la task force annunciata dal Ministro Martina. Ora è necessario avere in tempi brevi il Ddl 2217 contro il caporalato per affrontare in modo diverso le stagioni di raccolta alle porte”. Il ministro Martina, intervenuto alla presentazione si è impegnato a fare il possibile per “accelerare il dibattito” al Senato, ma ha dovuto anche ammettere i risultati tutt’altro che incoraggianti della Rete del lavoro agricolo di qualità, lanciata in pompa magna lo scorso settembre. Martina dice di non essere soddisfatto, a fronte delle sole 300 aziende che hanno aderito: “È uno strumento che può fare la differenza ma occorrono ancora dei passaggi relativi all’adesione delle aziende e alla gestione quotidiana che devono essere semplificate”.