Pfas nella falde in Veneto, Piemonte e Toscana. Isde: “Soglia zero in acqua potabile”

pfas

“Pfas come anche il Bisfenolo A, la Microcistina-LR, devono avere, nei nuovi e prossimi provvedimenti di legge, il loro valore limite fissato in zero per le acque ad uso potabile”. La richiesta arriva da Isde Italia – medici per l’ambiente, durante l’audizione in Senato. Le regioni con le falde acquifere più a rischio

 

Pfas come anche il Bisfenolo A, la Microcistina-LR, devono avere, nei nuovi e prossimi provvedimenti di legge, il loro valore limite fissato in zero per le acque ad uso potabile”. La richiesta arriva da Isde Italia – medici per l’ambiente, durante l’audizione in Senato sul Disegno di legge n.2392 “Misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da sostanze poli e perfluoroalchiliche (Pfas) e per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano”.

L’audizione sui Pfas

Per Isde Italia hanno partecipato Vincenzo Cordiano e di Antonella Litta, che nel corso dell’audizione hanno fatto presente che “l’assunzione di acqua contaminata rappresenta un innegabile rischio per la salute di tutti e a maggior ragione per la salute dei bambini e specialmente nel periodo gestazionale a causa di sostanze che possono essere in essa contenute come Pfas (sostanze perfluoroalchiliche), pesticidi, metalli pesanti,
microrganismi patogeni, tossine/microcistine, e sempre nuovi inquinanti come
le microplastiche, il Bisfenolo A, farmaci ad uso umano e veterinario”.

La necessità di una soglia zero

Per questo, secondo Isde Italia, “in ossequio al dettato Costituzionale in materia di salute e prevenzione e al principio di precauzione, come sancito dal Trattato di Maastricht dell’Unione europea, i Pfas come anche il Bisfenolo A, la Microcistina-LR, devono avere, nei
nuovi e prossimi provvedimenti di legge, il loro valore limite fissato in zero per
le acque ad uso potabile”. La proposta prevede che “qualora venissero riscontrati valori superiori allo zero per i Pfas, il Bisfenolo A, la Microcistina-LR, le acque in questione dovranno essere considerate come inadatte all’uso umano e si dovranno prendere tutti i provvedimenti necessari per il loro disinquinamento e protezione”.

“Non si includano nuove sostanze tossiche”

Al termine dell’audizione e dopo uno scambio di riflessioni con i senatori della Commissione, il dottor Cordiano e la dottoressa Litta hanno nuovamente chiesto che le normative già esistenti e le prossime, anche in recepimento della Nuova Direttiva Europea in materia di acque potabili, “siano tali da garantire davvero una sempre maggiore tutela della salute. Nella convinzione etica e nell’obiettività scientifica che questo può essere ottenuto solo respingendo ogni tentativo di includere nuove sostanze tossiche e cancerogene, che possono essere presenti per legge nelle acque ad uso potabile anche se entro determinati limiti”.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Una questione nazionale

Il problema non riguarda solo il Veneto, ma anche altre zone d’Italia, dove lo studio del Cnr del 2013 ha rivelato livelli preoccupanti di presenza di Pfas nelle acque, anche se non ai livelli del vicentino.

Piemonte, Po e Toscana

Dalle parti di Spinetta Marengo, per esempio, in provincia di Alessandria, uno stabilimento fabbrica prodotti fluorurati e antiaderenti, è collegato all’alta rilevazione di Pfas, così come nella zona industriale lombarda fra i bacini dei fiumi Lambro e Olona, in Toscana nella zona conciaria di Santa Croce sull’Arno (Pisa) e a Prato, il più importante distretto tessile d’Italia. A Santa Croce sull’Arno, in particolare, nell’aprile 2021 la procura di Firenze e la Direzione distrettuale antimafia mettono sotto indagine per reati che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione, dall’abuso d’ufficio al traffico illecito di rifiuti fino all’inquinamento ambientale varie persone tra cui, dirigenti di enti pubblici, politici e vertici dell’Associazione conciatori. Gli inquirenti delineano un quadro in cui con la complicità della ‘ndrangheta e di pezzi di istituzioni, le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati ‘Keu’, altamente inquinanti, sarebbero state miscelate con altri materiali e riutilizzate in attività edilizie. Circa 8.000 tonnellate di rifiuti contaminati sarebbero stati usati nella realizzazione del V lotto della Strada 429 nella Val d’Elsa. Non è escluso che insieme a metalli pesanti tossici ci fossero anche Pfas.

I piani di monitoraggio

Tornando a cinque anni prima, a inizio 2017 il ministero dell’Ambiente ha sollecitato le Regioni alla predisposizione dei piani di monitoraggio dei composti Pfas nelle acque superficiali, sotterranee e negli scarichi e ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a controllare i corpi idrici. Oltre alla Lombardia e il Lazio, si sono attivate il Friuli Venezia-Giulia, l’Umbria, la Val d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, la Puglia, l’Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento che hanno predisposto programmi di monitoraggio per i Pfas.

Il C604

Nel 2019, L’Arpav ha riscontrato nel Po la presenza di C6O4, Pfas di nuova generazione, un inquinante che era stato trovato in passato nelle acque contaminate nei pressi dello stabilimento della Miteni, che lo utilizzava nel processo produttivo a sostituzione dei Pfas tradizionali. “Questa è la conferma che la questione Pfas interessa tutto il Paese, è una primaria questione ambientale nazionale”, ha sottolineato allora il presidente del Veneto, Luca Zaia. I rilievi sono stati effettuati in due occasioni ed entrambe le volte i tecnici dell’Arpa hanno trovato tracce dell’inquinante tra l’altro in concentrazioni molto elevate per una sostanza di nuova generazione: questo – fanno sapere dall’Agenzia – presuppone che si possano trovare a monte fonti di inquinamento importanti. Considerato – aggiunge l’Arpav – che i punti dove l’Agenzia ha trovato l’inquinante – in prossimità di Castelmassa, al confine con Lombardia ed Emilia – sono lontani dalla Miteni risulta pressoché impossibile che l’inquinamento derivi dall’azienda: il rischio, quindi, è che derivi dalle regioni del bacino padano.