Insalate in busta, ecco da dove arriva il cadmio

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È il contaminante più ricorrente nelle 10 insalate in busta protagoniste del test pubblicato nel nuovo numero in edicola e in digitale del Salvagente  e quello rilevato nella maggiore concentrazione rispetto a quanto consente la legge.

Parliamo del cadmio, un metallo pesante, particolarmente presente negli ortaggi a foglie larghe, che rappresenta un pericolo serio per la salute umana. La Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, lo ha classificato nel gruppo 1 come cancerogeno certo per l’uomo. In base al Regolamento Ce 488/2014 il cadmio nella lattuga non può superare gli 0,20 milligrammi per chilogrammo. Una soglia sfiorata da alcuni campioni del nostro test: abbiamo trovato valori molto prossimi al limite come 0,16 e 0,15, ma anche in altri campioni le concentrazioni  sono superiori allo 0,10. Un dato che ha influito sul giudizio finale visto il pericolo che questo metallo pesante rappresenta.
Molte ricerche hanno dimostrato una possibile correlazione tra un’esposizione a dosi di cadmio eccessive e la possibilità di sviluppo di tumori al seno o ad altri organi e tessuti del corpo, come la vescica, il polmone o l’endometrio. Al cadmio inoltre sono associati anche disturbi cardiovascolari come l’ipertensione, e potrebbe essere una causa scatenante di diabete, impotenza e problemi alla prostata. Gli organi bersaglio legati a un’esposizione eccessiva a questo metallo pesante, oltre a polmoni e vescica, sono i reni.
Un curriculum tossicologico davvero lungo che spiega come la stessa Efsa consigli di ridurre l’esposizione alimentare al cadmio, particolarmente acuta nelle diete ricche di verdure come quella Mediterranea e quella vegana come ha appurato una ricerca dell’Izs delle Venezie.

Responsabili i fertilizzanti fosfatici

Il cadmio presente nel terreno è anche contenuto nei concimi a base di fosfati minerali, e, accumulandosi nei terreni, entra nella catena alimentare. Ogni anno l’Europa importa più di 6 milioni di tonnellate di fosfato di roccia per soddisfare le richieste dell’industria agrochimica. E proprio per ridurre la contaminazione della catena alimentare, la Ue ha votato nel novembre scorso una stretta sulla presenza di cadmio nei fertilizzanti fosfatici: da subito la concentrazione massima consentita scende a 60 milligrammi per chilo, per essere ridotti a 40 dopo sei anni e a 20 dopo sedici anni. Con le norme adottate, osteggiate dalle aziende dell’agrochimica e sostenute dalle associazioni ambientaliste e dei consumatori, la legislazione europea diventa la più restrittiva al mondo a tutela della catena alimentare. Le nuove regole hanno inoltre previsto l’uso di un’etichetta volontaria “basso cadmio”, per i prodotti che da subito hanno un contenuto di cadmio inferiore a 20 mg/kg, e favoriscono l’utilizzo di materiali riciclati per la produzione di fertilizzanti.

Una scelta, quella della Ue, che testimonia come la presenza di questo metallo pesante sia ormai insostenibile e pericolosa per la catena alimentare. Per vedere tutti i risultati del nostro test puoi cliccare qui.

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