L’aria che tira? Ecco chi (e come) ha deciso di misurarla “dal basso”

Cambiamenti climatici, inquinamento, ozono, particolato, biossido di azoto. Nell’aria c’è ciò che ci dà la vita ma anche ciò che ci può far ammalare. Ed è di certo per questo motivo che i cittadini, sempre di più, negli ultimi anni, hanno iniziato ad organizzarsi in associazioni o anche individualmente per misurare in autonomia la qualità dell’aria che respirano ogni giorno, quando vanno al lavoro, portano i figli a scuola, vanno al supermercato o a fare una passeggiata.

LA CITIZEN SCIENCE

Da qualche tempo si parla di citizen science, indicando con questo termine la partecipazione dei cittadini alla ricerca scientifica; ma non è detto che sia sempre la comunità scientifica a coinvolgere i cittadini: sempre più spesso, infatti, la molla della partecipazione, scatta proprio “dal basso” ed è chi abita nelle città a mettersi in rete e a cercare suggerimenti per misurare l’aria, perché prende consapevolezza del fatto che è sempre più importante cambiare i propri stili di vita per fare bene all’ambiente e a se stessi.
Lo scorso anno, a Roma, si è tenuta la prima conferenza organizzata dall’Accademia nazionale delle scienze dedicata alla citizen science e si è concentrata su vari aspetti della ricerca in campo ambientale – mare, fauna, terremoti, per fare alcuni esempi – ma soprattutto sul monitoraggio ambientale, qualità dell’aria compresa.

LO SMART CONTROL

I progetti guidati “dall’alto” sono vari e due di questi, di stampo europeo, utilizzano sensori a basso costo, forniti ai cittadini: Captor è uno di questi, serve a monitorare l’ozono e, in Italia, vede Arpa e Legambiente in prima fila. Con Captor, vengono monitorate tre aree europee (Catalogna, Pianura Padana e una parte dell’Austria). Un altro progetto è iScape (Improving the smart control of air pollution) che nasce con l’obiettivo di sviluppare una strategia condivisa e integrata dell’inquinamento nelle varie città europee, spingendo l’utilizzo di sensori a basso costo per coinvolgere i cittadini. I dati, naturalmente, sono condivisi con le istituzioni.

BOLOGNA IN PRIMA FILA

Proprio poche settimane fa è stato lanciato un progetto iScape in collaborazione con l’Università di Bologna perché il capoluogo emiliano è una di quelle località europee ospiti del living lab: la città, infatti, intende diventare un laboratorio di ricerca nel quale sperimentare soluzioni innovative coinvolgendo i cittadini e, in questo caso, anche gli studenti. Non solo: il progetto ha coinvolto anche l’associazione Salvaiciclisti e la velostazione Dynamo: “Con un gruppo di volontari abbiamo valutato l’esposizione in bici, auto, scooter e bus su vari percorsi molto battuti”, spiega Simona Larghetti. I dati sono attualmente in analisi ma ciò che già è emerso è che “su percorsi entro 15 minuti la bici impiega meno tempo e lo smog respirato è lo stesso di quello a cui si è sottoposti con altri mezzi, con la differenza, però, che con la bici è possibile scegliere un percorso alternativo”.

MONITORAGGIO PER TUTTE LE TASCHE

Ma, mentre agli “alti livelli” si opera in questo modo, dal basso c’è un pullulare di apparecchi di vario tipo – dai rilevatori di particolato, ai sensori fino ai campionatori passivi – che si possono acquistare anche in rete; non mancano dei vademecum on line per poter autocostruire il proprio dispositivo. C’è poi, come è accaduto nel caso di Peacelink a Taranto, chi ha investito in un analizzatore “importante” come quelli utilizzati dall’Arpa e ha monitorato l’aria non solo dentro e fuori dall’Ilva, ma anche al quartiere Torchiarolo. “È stato utilissimo – ci spiega Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione – abbiamo fatto misurazioni ovunque, anche con l’obiettivo di vedere dove l’aria fosse zero Ipa (ovvero zero idrocarburi policiclici aromatici, aggregato che contiene vari inquinanti)”. Peacelink ha così scoperto che picchi di queste particelle si legano all’uso di caminetti a legna e perfino a singole preparazioni casalinghe, come quella di arrostire le castagne sul fornello. Inquietante anche quanto hanno misurato nell’abitacolo di quasi tutte le auto: “Per il modo in cui sono costruite, accade che il motore non sia davvero ben isolato e l’aria diventa rapidamente carica di inquinanti a prescindere dall’ambiente”. E così ci si può trovare a respirare un bel carico di veleni anche quando si viaggia in un bosco incontaminato…

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IL FAI-DA-TE 

Sul sito di Che aria tira? (cheariatira.it)sono presenti dei video che mostrano laboratori di autocostruzione di automontaggio. Ma il network sta lavorando ad un vero e proprio vademecum per costruire il proprio apparecchio per misurare della qualità dell’aria. In rete se ne trovano comunque altri, benché la premessa resti sempre la solita: non si tratta di strumenti accurati come quelli usati da Arpa, ma utili a dare informazioni “indicative”. Si ispirano al progetto tedesco Ok Lab di Stoccarda e sul sito lufdaten.info si trovano, anche in italiano, le istruzioni per la costruzione di un sensore per rilevare polveri sottili Pm10 e Pm2,5, senza che sia necessario programmare, in modo che il lavoro possa essere fatto anche da utenti non esperti. L’obiettivo è generare open data, risultati accessibili e consultabili da tutti in modo condiviso e trasparente.