“Contributo per recesso da offerta promo” e Wind non mi spiega perché vuole 45 euro

Caro Salvagente, ho recentemente cambiato operatore di telefonia mobile (da Wind a Vodafone). Ho ricevuto (a un mese dal recesso), fattura per € 45 a titolo di “Contributo di attivazione per recesso da offerta in promo”. Premesso che sono stata cliente Wind dal 2015, mi domando se, anche alla luce dei cambiamenti del luglio 2018, abbia senso che io corrisponda tale importo (che giudico improprio) a Wind.
Inoltre vi chiedo se, nel caso in cui l’importo non fosse dovuto (o dovuto in parte), posso semplicemente astenermi dal pagare quanto richiesto o devo seguire un’altra strada.
Gloria Petrillo

Cara Gloria, la questione degli oneri inattesi per il cambio operatore è una delle più spinose tra quelle rivolte dai nostri lettori. Vediamo il suo caso con l’aiuto di Valentina Masciari, responsabile utenze di Konsumer Italia.

Nel caso della lettrice si può supporre che nel corso del tempo, visto che il contratto è attivo dal 2015, siano state attivate ulteriori e nuove promozioni sulla sim, promozioni che hanno comportato, al momento della chiusura del rapporto, l’applicazione del costo in questione.

C’è da dire che nonostante si stia cercando, da parte dell’autorità Garante delle Telecomunicazioni, di porre delle regole più precise ma soprattutto che comportino meno addebiti di costi di cessazione per i clienti, ancora oggi tutto è in alto mare. Di conseguenza, su tali argomenti i gestori hanno ampi margini di manovra, giustificati dal fatto che si siano applicate promozioni o offerte particolari sulla linea.

Sarebbe però necessario che gli eventuali vincoli fossero chiaramente indicati nel contratto o comunque comunicati al cliente, così che questo possa decidere coscientemente se aderire o meno a quella determinata offerta. I vincoli previsti, tra l’altro, variano da azienda ad azienda ma possono  anche a seconda del tipo di abbonamento scelto, così che è difficile fare confronti ad esempio, fra contratti differenti.

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Se la signora Petrillo, ritenesse questi costi non giustificati, può sempre avviare una contestazione con il gestore, richiedendo quindi riscontri su tale addebito. La contestazione, sospende il pagamento fino alla definizione della pratica e solo allora, pagherebbe l’importo eventualmente dovuto.