Garante privacy chiude l’istruttoria su scandalo Facebook: Dati raccolti illegittimamente per le elezioni 2018

Il Garante per la privacy ha concluso l’istruttoria avviata nei confronti di Facebook per il “caso Cambridge Analytica”. Al termine delle verifiche effettuate è risultato che i dati dei cittadini italiani acquisiti tramite l’App “Thisisyourdigitalife” (il test della personalità ideato per raccogliere le informazioni personali oggetto di profilazione), benché non siano stati trasmessi a Cambridge Analytica, sono stati comunque trattati in modo illecito, in assenza di idonea informativa e di uno specifico consenso. Per questo il Garante ne ha vietato l’ulteriore trattamento e si è riservato di avviare un separato procedimento sanzionatorio.

Usati anche durante le elezioni del 2018

Nel corso della stessa istruttoria è emerso uno specifico trattamento di dati personali dei cittadini italiani acquisiti in occasione delle elezioni politiche del 4 marzo 2018, mediante un prodotto, denominato “Candidati”, installato sulla piattaforma del social network. Tale prodotto consentiva agli elettori che fornivano il proprio indirizzo postale di avere informazioni sui candidati della propria circoscrizione elettorale e sui loro programmi. Facebook, pur affermando di non registrare informazioni su come gli utenti si fossero orientati su tali profili, conservava i file di log delle loro azioni per un periodo di 90 giorni, per poi estrarne “matrici aggregate” non meglio definite. Inoltre, nel giorno delle elezioni appariva sul newsfeed degli utenti di Facebook un messaggio che sollecitava la condivisione dell’essersi o meno recati al voto e ad esprimere opinioni sull’importanza dello stesso. Il Garante ha rilevato che queste due funzioni di Facebook, specificamente concepite e rivolte ai cittadini italiani in prossimità delle elezioni, non sono previste tra le finalità indicate nella “data policy” della piattaforma. 

Per cosa possono essere trattati i dati raccolti

I dati personali possono essere raccolti per finalità determinate ed esplicite e successivamente trattati in modo compatibile con tali finalità. A maggior ragione le finalità del relativo trattamento devono essere descritte con estrema precisione quando vengono raccolti dati sensibili, come quelli potenzialmente idonei a rivelare opinioni politiche, in modo tale da consentire agli utenti di esprimere il proprio consenso libero e informato. E dati “sensibili” sono ad esempio le informazioni sull’essersi recati o meno alle urne o le dichiarazioni a favore del voto (rimaste visibili sulla piattaforma anche se, secondo quanto sostenuto da Facebook, non monitorate).

Il divieto di utilizzarli ancora

A conclusione dell’istruttoria, il Garante ha ritenuto illegittimo il trattamento di dati realizzato da Facebook  in quanto basato su un generico consenso reso dall’utente al momento della registrazione alla piattaforma dopo la lettura di una informativa del tutto inidonea. Per questo, ha vietato a Facebook il trattamento di ogni eventuale dato raccolto mediante tali modalità e delle valutazioni espresse dagli utenti a seguito del messaggio che sollecitava la condivisione L’Autorità si è riservata la contestazione di sanzioni amministrative per gli illeciti trattamenti di dati riscontrati. Pur accogliendo con favore la disposizione dell’Autorità, rimangono aperti dei dubbi: quei dati sono stati utilizzati a scopo elettorale, magari per influenzare il voto? Chi li ha usati? Qualche formazione politica? Di sicuro c’è che in un’intervista a Repubblcia, Christopher Wylie, la “gola profonda” dello scandalo Facebook aveva dichiarato nel marzo 2018 che in Italia i dati erano stati usati per fini politici. Sarebbe il caso a un anno di distanza, di fare maggior chiarezza.