Scopriamo il frutto del drago: “superfood” che assomiglia a un carciofo

Una sorta di carciofo ma più colorato. Una volta sarebbe stato impossibile vederlo sui nostri banchi, oggi è diventato protagonista, oltre che nei negozi etnici, perfino nei supermercati, accanto ad avocado, mango e lici.

Stiamo parlando del frutto del drago, meglio chiamato pitaya, a cui vengono associati molti benefici. E dunque entra di diritto nella sezione superfood di cui ci stiamo occupando da settimane.

Ho visto in un negozio di frutta salutistica vendere il “frutto del drago” e mi hanno detto che può solo farmi bene consumarne ogni giorno

FALSO/VERO Il frutto del drago, anche conosciuto come “pitaya” non è facile da coltivare nei nostri campi per questioni climatiche; pur nascendo in Centro America si ritrova sia in Asia che in Australia ragion per cui trovarlo fresco non è per niente facile. È un frutto che, appartenendo alla categoria che spesso si associa all’autodescrizione della parte maschile dell’umanità ovvero “brutto fuori da vedere ma bello dentro”, non risulta invitante alla vista, ma il suo reale potenziale è ben nascosto nella polpa bianca o rossa che sia. La pitaya, infatti, sotto delle foglie simili a quelle del carciofo, ovvero le bratte, nasconde una polpa bianca ricca di semi neri e piccoli che fanno ricordare una fragola di colore bianco o rossa e altrettanto dolce e profumata. È un frutto da sempre associato alla forza tanto che il mito vuole che chi se ne nutre diventi più forte e questo non è poi così lontano dalla realtà perché il dragon fruit potrebbe essere un potenziale acceleratore metabolico che rende cellule, muscoli etc. più pronti e meglio preparati a iniziare una minima attività fisica. È curioso che per la legge del contrappasso dantesco il dragon fruit è una pianta classificata botanicamente come “grassa”.

Ho provato il frutto del drago e ho avuto dei vantaggi a livello di tono generale del mio corpo

VERO La pitaya è certamente un frutto ipocalorico, fornisce poco più di 35 kcal per 100 grammi, ma è molto ricco di fibre, sali minerali e vitamina sia C che A oltre che la vitamina B1. La vitamina A contenuta ha reali effetti positivi sulla pelle e sulla diuresi di chi consuma la pitaya. Va ricordato che mangiare la pitaya, sia pur per breve tempo, produce urine e feci colorate di un sorprendente rosso. Grazie alle fibre, quasi tre grammi per 100 grammi di frutto, ci aiuta per il transito intestinale e inoltre è un frutto ricco di calcio e ferro. La ricchezza di vitamine permette alla pitaya di aiutarci a combattere i radicali liberi, che sono coinvolti come abbiamo imparato nelle patologie cronico-degenerative e in generale nell’invecchiamento. Inoltre, il dragon fruit contiene anche delle fitoalbumine che supportano il fegato nella sua azione detossificante e depurativa. È di certo un frutto che fa raggiungere e mantenere uno stato migliore di benessere e di salute. Vale la pena sottolineare che le care e indigene fragole forniscono meno calorie, più vitamina C, solo un terzo in meno di fibre, il doppio del calcio e la metà delle proteine, ma soffrono della mai dimenticata locuzione degli Evangelisti “Nemo propheta in patria” per cui sono considerate dei semplici “normal food”.

Mangiare pitaya non comporta alcun rischio per chi la sceglie

VERO/FALSO La pitaya è un frutto considerato molto sicuro, ma è bene ricordare che non essendo facile trovarlo fresco spesso è consumato in una forma disidratata o comunque secca per cui è importante che sia controllato per evitare problemi microbiologici o di ammuffimento. La pitaya tende a rendere basico l’ambiente in cui si trova, in altre parole riduce il pH dello stomaco che, dunque, non lavora più alla massima efficienza come sistema di digestione. Il vero punto critico è però nell’assunzione di alcuni farmaci che richiedono invece un pH acido per dare il massimo della loro efficacia. Per esempio, un farmaco a base di chetoconazolo è importante che si trovi in uno stomaco con un pH acido per cui se abbassiamo l’acidità gastrica si riduce l’azione farmacologica e per pazienti immunodepressi o con una candidiasi sistemica oppure chi soffre di gastrite o di una forma di colon irritabile, il consumo di tanta pitaya può rappresentare una scelta da valutare col proprio medico di fiducia. Il consiglio generale è di mangiare la pitaya un paio di ore prima o dopo l’assunzione del farmaco così da non interferire sullo stesso. Infine, ricordiamo che il dragon fruit e le “vintage” fragole sono accomunati dal potenziale rischio di dare delle risposte allergeniche nelle persone più predisposte.

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Consumo il Dragon fruit semplicemente sbucciandolo come un fico, non vedo come altro fare

VERO La pitaya è un frutto che si può consumare in vari modi, di solito se riusciamo a trovarlo fresco la migliore soluzione è di sbucciarlo come un fico d’india per poi affettarlo e mangiarlo. Comunemente è venduto e si trova, come prodotto disidratato per cui è consigliabile usarne un paio di cucchiaini da caffè da aggiungere allo yogurt o a una semplice insalata dando loro freschezza e profumi esotici. La pitaya si può anche cuocere a vapore e usare la polpa come un contorno esotico, ma alcune delle caratteristiche salutistiche sarebbero in parte degradate per cui la scelta è meno interessante dal punto di vista salutistico. Infine, dalla polpa del frutto si può ottenere la cosiddetta “agua de pitaya ” che è fresca, relativamente calorica e ricca di vitamine varie oltre che di sali minerali per cui è quasi paragonabile a uno sport drink. Probabilmente un risultato molto simile è raggiungibile con degli agrumi di qualità, ma l’arancia non ha alle spalle la leggenda del dragon fruit per cui si vende solo nei negozi di frutta e verdura lasciando alla pitaya le luci della ribalta dei ”superfood”.