Allergie da scarpe e vestiti: troppe sostanze sconosciute (e non sempre basta il lavaggio)

Le allergie da contatto con scarpe e tessuti colpiscono ogni anno tantissime persone. Ciò è dovuto alla presenza di sostanze chimiche nel materiale usato, che purtroppo molto spesso non vengono dichiarate. Ora l’Autorità francese per la sicurezza alimentare e la salute(Anses) chiede normative più stringenti sull’etichettatura. Come spiega il magazine francese 60 millions de consommateurs, “la difficoltà sta nel sapere qual è la sostanza sbagliata e come identificarla”. Allergologi e dermatologi hanno spesso problemi a identificarle, e per una buona ragione: i nostri vestiti e scarpe contengono dozzine di molecole da coloranti, rifiniture di tessuti, colle, concia delle pelli, accessori di metallo, senza contare quelli derivanti dallo stoccaggio o dal trasporto di merci (compresi i fungicidi).

Lo studio dell’Anses

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L’Anses ha appena pubblicato i risultati del suo studio di circa 200 pagine sugli “effetti sensibilizzanti / irritanti della pelle di sostanze chimiche presenti nelle calzature e nei tessuti per abbigliamento”. Per identificare le molecole sensibilizzanti, ha condotto test su venticinque campioni di tessuti (biancheria intima, leggings, jeans, abbigliamento sportivo …) presi da negozi e quattordici scarpe con conseguenti reclami da parte dei clienti.

La chimica trovata

2-fenossietanolo, para-fenilendiammina (PPD), acetofenone azina, etossilati di nonilfenolo, cromo: sono solo alcune delle sostanze trovate. Alcuni prodotti come la PPD, sebbene riconosciuti come sensibilizzatori della pelle e presenti nel 20% dei capi analizzati da Anses, non vengono sistematicamente ricercati nei test allergologici. Per questo l’agenzia consiglia di lavare sempre gli indumenti a contatto con la pelle, prima di indossarli per la prima volta.

Il lavaggio serve, ma non sempre

Tuttavia, scrive 60 millions, “per alcune molecole, il lavaggio sembra non avere alcun impatto”. Anses rileva infatti che le concentrazioni di PPD prima e dopo il lavaggio non diminuiscono o addirittura aumentano. Emergono due ipotesi: o i coloranti a base di PPD non sono chimicamente stabili, il lavaggio “rompe” quindi la tintura e rilascia la sostanza indesiderabile; oppure è la modifica del tessuto dopo il lavaggio che aggraverebbe il rilascio.

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Sostanze poco studiate

C’è poi il caso di sostanze presenti ma poco studiate, come l’azina acetofenone trovata nel 14% dei pattini testati e che potrebbero provenire da una degradazione in schiuma di etilene-vinil acetato (EVA), particolarmente usato in parastinchi, alcuni infradito e scarpe da ginnastica. La natura altamente allergenico di questa sostanza non è confermata ma alcuni studi lo ritengono probabile .

“Servono nuovi limiti”

Anses chiede di inserire le sostanze utilizzate in etichetta e anche un abbassamento della soglia normativa per il nichel e il cromo VI. Quest’ultimo, utilizzato per la concia delle pelli, è responsabile di molti casi di allergia: secondo l’agenzia tra i 20mila e i 50mila nuovi casi in Europa ogni ann il 45% proviene da un’esposizione alla pelle. Un’altra raccomandazione dell’Agenzia è l’istituzione di un livello massimo di sei sostanze (PPD, 2-fenossietanolo, cadmio, 2-mercaptobenzotiazolo, anilina, drometrizole) dove le normative stabilisce attualmente nessun limite per le scarpe e tessuti.

Il test del Salvagente

Anche in Italia servirebbe una normativa più stringete, come dimostra il test di copertina del Salvagente di Luglio che ha messo a confronto 10 sandali da bambini venduti nel nostro paese, alla ricerca di cromo esavalente, ammine aromatiche, nichel e formaldeide.