Glifosato, la Fda ha nascosto dati che dimostrano la contaminazione dei cibi

La conferma che la Fda, la Food and drug administration, l’Agenzia statunitense per il controllo alimentare, ha condotto migliaia di test per valutare la presenza di glifosato nei cibi ma che ne ha tenuti nascosti i risultati, è contenuta in una mail spedita da Richard Thompson, chimico della Fda ai suoi colleghi, in cui viene spiegato: “Ho analizzato di tutto, cracker, corn flakes e farina di mais e ovunque c’è una buona dose di glifosato”, aggiungendo che è “difficile non trovarlo”. Questa mail e altri documenti sono stati pubblicati dal quotidiano inglese The Guardian che in un’inchiesta ha svelato che per due anni l’Agenzia ha analizzato la contaminazione da glifosato nei cibi senza però che questi dati vengano resi pubblici.

“Nel mais sopra i limiti” ma la Fda “aggiustò” il dato

Un altro documento pubblicato dal quotidiano britannico rivela che un altro chimico della Fda Narong Chamkasem durante test ha riscontrato livelli di glifosato nel mais pari a 6,5 ​​parti per milione quando la normativa Usa ammette un limite di legge al di sotto di 5,0 ppm. In presenza di un dato fuori norma la Fda deve infomrare l’Epa, l’Environmental protection agency, l’Agenzia per la protezione ambientale ma, come ha scrive Guardian “un supervisore della Fda ha scritto a un funzionario dell’EPA che il mais non era considerato un ‘campione ufficiale’“.

La replica: “Nessun campione illegale”

Alla domanda del Guardian sulla presenza di queste mail e sui test condotti dall’agenzia, un portavoce della Fda ha replicato solo che “l’Agenzia non ha trovato livelli illegali di mais, soia, latte o uova, le quattro materie prime” osservate per valutare la contaminazione da glifosato. Il portavoce invece non ha affrontato i risultati “non ufficiali” rivelati nelle mail svelate dal quotidiano britannico.

La contaminazione nascosta

I risultati ufficiali della Fda dovrebbero essere pubblicati entro la fine dell’anno o all’inizio del 2019 come parte della relazione annuale sui residui rintracciati del 2016. I report in genere vengono rilasciati due o due anni e mezzo dopo la raccolta dei dati. Ma di certo i test “non ufficiali” realizzati nel 2016-2017 non vedranno la luce nei report ufficiali. Nel frattempo però la contaminazione c’è e tenerla nascosta non fa certo gli interessi dei consumatori.