Risolto il mistero dei dischetti, ma non quello degli sversamenti nel Mediterraneo

Da giorni se ne parla e si formulano ipotesi. Ma la verità è venuta a galla solo oggi: i dischetti misteriosi che stanno invadendo i litorali dell’Italia centrale vengono dal cedimento strutturale di una vasca dell’impianto alla foce del Sele.

Ma oltre a questi antiestetici pezzi di plastica che in grande quantità sono stati portati sulle spiagge del Tirreno Centrale, con picchi preso l’Isola di Ischia, sul litorale campano  e su quello laziale tra Fiumicino ed Anzio, è ipotizzabile che ci siano altri danni per il mare che non sono stati ancora scoperti?

Ne abbiamo parlato con Loris Pietrelli, ricercatore del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’Enea, esperto anche di depurazione delle acque, che sta facendo un lavoro sulle microplastiche che vengono rilasciate dagli impianti di depurazione.

È lui a spiegarci che in realtà questi dischetti sono utilizzati negli impianti di depurazione dei reflui urbani, ovvero delle acque di scarico (le fogne per intenderci) dei centri abitati. La depurazione dei reflui avviene tramite batteri che si “mangiano” tutta la parte organica. Per aumentare la superficie di scambio tra batteri e materia organica si usano dei dischetti di plastica perché si forma sulla loro superficie un biofilm che poi dà origine alla depurazione. In una singola vasca di ossidazione possono esserci fino a 5/6 milioni di questi dischetti che hanno il compito di muoversi continuamente al suo interno. Quello che è accaduto dunque è la rottura di una saracinesca o di un’altra forma di contenimento delle vasche. Ciò significa che non solo i dischetti sono andati a finire in mare e sulle nostre coste con tutta la loro carica batterica in superficie, ma anche tutte le acque reflue non trattate contenute nelle vasche.

E considerando che ogni cittadino usa in Italia circa 200 litri di acqua al giorno che vanno a finire negli scarichi e nelle fogne, per capire la portata dell’evento basta fare una semplice moltiplicazione: numero degli abitanti della città i cui gli impianti di depurazione si sono rotti per 200 litri e così abbiamo che una piccola cittadina, ad esempio di 800.000 abitanti, ha una vasca di ossidazione che contiene 160 milioni di litri di acque reflue che tratta quotidianamente.

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Con i dischetti, che è facile vedere, sono quindi state sversate in mare milioni di metri cubi di acque fognarie urbane non trattate e, con le correnti, sono arrivate a inquinare le coste di Campania, Lazio e Toscana.

L’allarme dovrebbe essere quindi immediatamente lanciato per un problema sanitario importante e non sottaciuto. Senza perdere altro tempo. Che di tempo in questa storia se n’è perso parecchio, almeno un mese dal primo avvistamento di quegli strani dischetti.