Cambio tariffazione, Sky rifiuta di accettare il diritto di recesso

SKY PRIVACY

Nel turbolento abbandono delle bolletta a 28 giorni, imposto per legge, non sono solo i gestori telefonici a tentare la via della furbizia, ma anche Sky, la maggiore piattaforma digitale di contenuti televisivi. A segnalare l’anomalia al Salvagente, Giuseppe Ferraioli, che scrive: “Sky mi ha comunicato che dal 1 aprile cambia la modalità di fatturazione da 4 settimane a mensile che comporterà un aumento del canone anche se a detta loro non cambia il costo complessivo annuale, e non c’è possibilità di recesso senza penali. A me sembra -conclude il consumatore – che ci sia una modifica e giusto che non possa recedere dal contratto?”

La pagina che informa… a metà

Per verificare la segnalazione, controlliamo la nota informativa pubblicata dall’azienda sul proprio sito, che si limita a chiarire: “Come previsto dalla legge 172/2017, dal 1 aprile 2018 la fatturazione del tuo abbonamento annuale Sky avrà cadenza mensile, quindi non più ogni 4 settimane. Il costo del tuo abbonamento annuale non cambierà, rimanendo uguale a quello applicato dal 1 ottobre 2017″.  A seguire la piattaforma elenca la variazione della tariffazione mensile. Anche se non è dichiarato esplicitamente, ci troviamo anche in questo caso a un aumento dell’8,6% della tariffa mensile, dovuto alla riduzione da 13 bollette a 12 l’anno, così come avvenuto con l’escamotage adottato anche dai gestori telefonici per guadagnare di più, e bloccato dall’Autorità garante delle comunicazioni. Sky, però, nella pagina informativa non fa nessun riferimento al diritto di recesso.

Le risposte contraddittorie del call center

Per verificare che il signor Ferraioli non abbia capito male, facciamo due telefonate in sequenza al servizio clienti Sky, sottoponendo lo stesso dubbio. Le risposte, diverse tra loro, ci sorprendono egualmente. La prima operatrice ci spiega che se volessi recedere dal contratto ci toccherebbe pagare la penale, in quanto il cambio di tariffazione è inferiore al 10%. Di fronte alle nostre perplessità, l’operatrice risponde, in un primo tempo, “C’è scritto nelle condizioni contrattuali di Sky” e poi “Lo dice la legge”. Quale legge, però, non è dato saperlo. La seconda operatrice, invece, spiega che non è possibile recedere senza penali perché “Il vero cambio di tariffa è avvenuto lo scorso ottobre, allora si poteva fare il cambio senza costi, adesso abbiamo solo adeguato il tipo di tariffazione ma il costo annuo non cambia”. Se così fosse, non si capisce perché, tra i tanti mezzi adottati per continuare a spillare soldi ai clienti, quello della negazione del diritto di recesso, è l’unico non adottato da Tim, Wind, Tre, e Vodafone.

Dona (Unc): Falso, il diritto vale per tutti

Abbiamo chiesto un parere a Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, che già lo scorso 6 febbraio aveva inviato all’Antitrust una richiesta d’intervento contro la piattaforma tv proprio per questo motivo: “Le giustificazioni degli operatori Sky mi sembrano tanto bizzarre quanto ingiustificate. Quello che conta è che la tariffazione mensile subisce un incremento, e tanto basta per dare al consumatore il diritto a rescindere il contratto senza penali. Tanto più che, non dimentichiamolo, quell’importo annuale che Sky sostiene di non aver modificato è lo stesso frutto di un ingiusto aumento sanzionato dall’Authority”. 

 

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