Tatuaggi, un altro inchiostro ritirato dal mercato. La nostra inchiesta

Il ministero della Salute ha ordinato il ritiro dal mercato di un pigmento per tatuaggi, Bright Red, della società Intenze, per la presenza di ammine aromatiche. Scorrendo l’elenco dei ritiri sul sito del ministero scorgiamo che solo dall’inizio dell’anno sono stati tolti dalla vendita per rischio chimico ben 12 inchiostri. Un problema reale visti i danni che questi colori possono causare una volta inoculati sotto pelle: da semplici dermatiti a problemi ben più gravi, come l’infezione dei linfonodi, come nel caso degli inchiostri che contengono biossido di titanio.

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Il far west degli inchiostri

La cosa ben più grave però, come testimonia la nostra inchiesta sul numero in edicola, è l’assenza di una normativa nazionale di riferimento che favorisce il fatto che ogni Regione si muove autonomamente. E così per i tattoo restano solo generali linee guida ministeriali che ben poco possono di fronte al far west degli inchiostri.

Partiamo dal principio. Nessuna legge italiana stabilisce divieti riguardanti i pigmenti usati per il trucco permanente o per il tatuaggio. Non sono disciplinati dalla normativa sui cosmetici poiché, mentre quest’ultimi sono sostanze o preparazioni destinate a essere applicate sulle superfici esterne del corpo umano, i pigmenti sono iniettati sotto l’epidermide. Una situazione paradossale data la permanenza sottocutanea di elementi estranei tra cui biossido di titanio e il solfato di bario, che sono usati anche per le lacche insolubili in acqua, i solventi, gli stabilizzanti, i tensioattivi e gli addensanti.

Ogni Regione decide per sé

In questo deserto legislativo, alcune Regioni hanno emanato dei regolamenti propri per disciplinare l’attività di tatuatore ma spesso sono in contraddizione tra loro. Esistono invece delle linee guida del ministero della Salute, circolari emanate nel lontano 1998, che descrivono le procedure per eseguire un tatuaggio e un piercing in condizioni di sicurezza. Le circolari prendono in considerazione i rischi di infezioni causate da patogeni a trasmissione ematica ma anche di infezioni cutanee ed effetti tossici dovuti alle sostanze utilizzate per la pigmentazione del derma. Le misure previste nelle linee guida per controllare il rischio sono: norme igieniche generali; misure di barriera e precauzioni universali; misure di controllo ambientali. Alcune Regioni le hanno recepite emanando leggi locali o altri atti normativi, ma altre purtroppo non hanno definito alcun provvedimento.

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La risoluzione europea? Nel Codice del Consumo

Nel 2008, dieci anni dopo l’emanazione delle linee guida da parte del ministero, è stata varata dal Consiglio d’Europa la risoluzione ResAP, che indica requisiti e criteri per la valutazione della sicurezza dei tatuaggi e del trucco permanente, affrontando vari aspetti: etichettatura e composizione dei prodotti per tatuaggio e trucco permanente; rischi delle sostanze impiegate nella composizione degli inchiostri; condizioni igieniche necessarie; obbligo di divulgazione dei rischi sulla salute che i tatuaggi e il trucco permanente possono comportare. La risoluzione contiene anche una lista di sostanze vietate negli inchiostri e un elenco di restrizioni per altri componenti. Questa risoluzione in Italia è stata recepita nel Codice del Consumo.
In base alla norma spetta al produttore o al responsabile della messa in commercio dei composti usati per il trucco permanente o per i tatuaggi fare le analisi chimico-fisiche relative alla sicurezza sanitaria e impedire che vengano inseriti nei composti elementi che possano causare danni alla salute.

I produttori dovrebbero controllare…

Qualcuno li fa davvero questi controlli? C’è da dubitare che i produttori siano così sensibili. Almeno a giudicare dalle azioni dei carabinieri del Nas che negli anni hanno riscontrato sempre più frequentemente la presenza di sostanze pericolose – soprattutto provenienti dagli Usa con coloranti azoici – e perfino mal conservate nei laboratori. Tanto da costringere, nel 2015, il ministero della Salute a emanare il divieto di vendita di alcuni pigmenti per cariche microbiche e fungine. Da allora i ritiri non si sono mai fermati: solo quest’anno sono 12 i pigmenti ritirati. L’ultimo il 6 dicembre.