L’Altra Italia, “Cercasi equipaggio per impresa epica”. La bella storia di LiscaBianca

“Cercasi equipaggio per impresa epica”. Ed etica, verrebbe da aggiungere. Non è esattamente un annuncio di lavoro ma molto di più. È la sintesi di un progetto insolito e straordinario nato tra una barca prestigiosa che ha fatto il giro del mondo e un gruppo di persone convinte che la vela e il sostegno a chi è in difficoltà possano viaggiare insieme. Anzi, veleggiare.

LiscaBianca il nome della barca e del progetto mirato all’inclusione sociale di giovani svantaggiati e disagiati, che ha coinvolto anche adulti in difficoltà, attraverso l’amore per il mare e il ‘lavoro’ in una barca. Per Elio Lo Cascio, coordinatore del progetto e sociologo da sempre impegnato nel settore della giustizia riparativa rivolta prevalentemente a minori che hanno commesso crimini, “LiscaBianca è il sogno di appassionati di vela impegnati nel sociale, che si concretizza nel 2013”, ma che ha alle spalle una storia lunga, incredibile e romantica.

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Il varo e le prime miglia del 1981

Il sogno della casa galleggiante

Il sogno di Lo Cascio, infatti, è frutto di un altro sogno, iniziato a fine anni ’70 quando una coppia palermitana, i coniugi Albeggiani – Sergio, un ingegnere e Licia, una maestra, appassionati di vela e di mare – hanno deciso di chiudere la loro casa, disfarsi dei mobili e andare a vivere in una barca, una “casa galleggiante”.

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“Non l’hanno acquistata ma hanno scelto di farsela costruire da un giovane maestro d’ascia di Porticello, allora 25enne: volevano una barca modello ‘Carol Ketch’, un tipo di barca molto lenta ma solida e sicura”, racconta Lo Cascio. Dopo tre anni l’imbarcazione è pronta; i figli degli Albeggiani nel frattempo sono grandi e frequentano l’università, e i coniugi si trasferiscono nella barca: corre l’anno 1981. La coppia viaggia nel Mediterraneo e nell’84 decide di andare oltre, di fare il giro del mondo.

“Loro non solo amavano il mare e la vela, ma desideravano vivere con poco, liberarsi di tutte le cose superflue, incontrare altre culture”, spiega l’”anima” dell’associazione. Partono e tornano dopo altri tre anni. Poi, quando nell’89 – diventati nonni – decidono di vivere sei mesi a Palermo e altri sei mesi dall’altra parte del mondo, lui – il comandante, Sergio Albeggiani – muore. Resta Licia, il nostromo, che continua a vivere sola in barca per altri tre anni. Nel ’91, intanto, viene pubblicato – postumo – il diario di bordo di Sergio Albeggiani – Le isole lontane, “un libro che ha molto influenzato chi voleva fare vela, perché è un racconto bellissimo”.

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Il restaurdo interessa anche i Diari di Bordo di LiscaBianca, gli scritti originali di Sergio e Licia Albeggiani, il Libro degli Ospiti, con foto, disegni, articoli, testimonianze autentiche del loro viaggio.

Un sogno che rinasce

LiscaBianca progetto solidale nasce, invece, quando Lo Cascio e Francesco Belvisi, progettista di imbarcazioni, scovano quella barca così gloriosa e vengono a sapere che sta per essere demolita perché la famiglia non riesce più ad occuparsene. “Decidiamo di costruire un progetto sociale attorno a LiscaBianca; facciamo una conferenza stampa all’Istituto penale minorile di Palermo e lanciamo il messaggio ‘Cercasi equipaggio per impresa epica’”, racconta Lo Cascio: un equipaggio che si impegni a ristrutturare la barca e poi attivare progetti di “vela solidale, perché la vela ti aiuta a stare in gruppo, a conoscere i tuoi limiti”.

A sostenere da subito il progetto in prima fila il Comune di Palermo e la Lega navale italiana e, senz’altro, il direttore dell’Istituto penale per minorenni Malaspina, Michelangelo Capitano, convinto del fatto che “la storia degli Albeggiani insegna che in ogni momento si può cambiare vita”, riferisce Lo Cascio: un monito molto simbolico per chi vive la detenzione e cerca di ricostruirsi una vita. Grazie alla vendita di magliette, al crowfunding e a tante altre attività, oltre all’aiuto di alcune aziende, si trovano le risorse per spostare LiscaBianca in un capannone agricolo in montagna offerto dalla comunità terapeutica Sant’Onofrio dell’Opera don Calabria, dove inizia il lavoro di restauro, anche grazie alla Fondazione San Zeno che dona dei soldi con cui viene comprato il legno.

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Il giorno prima del nuovo varo

Restauro partecipato

“Al restauro della barca hanno lavorato almeno quattro tipologie di persone: quelle provenienti dal circuito penale, ragazzi affetti da dipendenze seguiti dalla comunità di terapeutica, i minori in fuga dalle zone di guerra in arrivo in Italia e anche ex lavoratori seguiti dall’Inail perché non più abili al lavoro”, spiega il coordinatore del progetto. Qualcuno ha carteggiato con un solo braccio, perché l’altro non c’era più; qualcun altro ha lavorato sulla sedie a rotelle”. Ad un certo punto questo gruppo eterogeneo di restauratori ha trovato anche una nuova guida, Luigi Airò, che conosceva la storia degli Albeggiani: un palermitano che viveva in Thailandia ma, imbattutosi nel progetto di LiscaBianca, ad un certo punto ha deciso di fermarsi per dare il suo contributo. Nel frattempo, tuttavia, grazie alla Lega navale che ha offerto le sue imbarcazioni, i progetti di inclusione sociale si sono avviati, in mare, in attesa che l’imbarcazione degli Albeggiani fosse pronta.

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Arriva il varo

E la scorsa estate il varo è arrivato, salutato da centinaia di persone e dalla signora Albeggiani, come il simbolo di una nuova vita, quella della barca e dei ragazzi che provano a cambiare la loro. Mursia, dal canto suo, ha ripubblicato il libro; ma questa storia sta anche diventando un film documentarioLa virata di Sonia – che racconta la storia di Liscabianca attraverso lo sguardo di una ragazza disabile coinvolta nel progetto.

Adesso Liscabianca è ormeggiata in mare, grazie alla sezione di Palermo centro della Lega navale che le ha assegnato un posto in prima fila, presso uno dei suoi pontili alla Cala, il porto nel centro di Palermo. Da lì si occupa di velaterapia ma propone anche la vela come attività ludica ed educativa e crociere didattiche attraverso le quali acquisire competenze marittime basilari e riappropriarsi del rapporto con l’ambiente. Il Comune, invece, ha affidato all’associazione un capannone nella zona dell’ex-Fiera del Mediterraneo in cui far sorgere il nuovo cantiere dove svolgere attività formative e di inclusione sociale aperte e dedicate alla cittadinanza nella logica dell’innovazione e della partecipazione collettiva, parallelamente alle iniziative che si svolgono in barca.

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Onda dopo onda

È un circolo davvero virtuoso quello che questo doppio sogno ha prodotto, e certamente – si augurano gli ideatori del progetto – si troverà anche il modo per rifare le vele alla barca: quelle originali sono ormai usurate e navigare a motore vorrebbe dire snaturare il senso de profondo di quel sogno originario. Adesso, infatti, tutti i principi basilari della vela sono applicati alla vita quotidiana in un’ottica di scambio, collaborazione e incontro.

Così come è avvenuto quando i coniugi Albeggiani hanno chiuso casa loro e hanno iniziato a viaggiare lentamente in tutto il mondo, onda dopo onda.