Malattie croniche e rare: burocrazia e costi schiacciano i familiari

Tempi lunghi per diagnosi e cure, tempi ristretti per l’ascolto dei pazienti. Costi insostenibili, burocrazia “trita-diritti”. A dirlo è “In cronica attesa”, il XV Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva, che denuncia anche i ritardi del Piano nazionale della cronicità resta al palo. “Si attende anni per una diagnosi, mesi per una visita, un esame di controllo o per ricevere un ausilio, giorni al Pronto Soccorso per un posto letto. Per contro, il tempo dedicato alla visita e quindi all’ascolto è sempre più ridotto, le ore dedicate all’assistenza domiciliare ed alla riabilitazione sono troppo esigue” scrive l’associazione dei consumatori.

Costi insostenibili per le famiglie

Il rapporto, presentato insieme al Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC), con il contributo di Merck & Co per il tramite della sua consociata MSD, racconta come le persone con malattie croniche e rare e i loro familiari debbano sopperire a molte carenze, utilizzando il proprio tempo e le proprie risorse economiche: fino a 10.000 l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio; fino a 60.000 l’anno per pagare la retta della residenza sanitaria assistita.

Burocrazia cieca

A questo si aggiunge l’aggravio di una burocrazia spesso cieca nei confronti dei diritti dei malati, come nel caso del rilascio di piani terapeutici per i farmaci o di protesi e ausili, l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente. Per il 46% il problema principale è l’accesso all’indennità di accompagnamento, per il 39% il riconoscimento dell’handicap, per il 31% l’accesso alla pensione di inabilità, per il 27% l’assegno mensile di invalidità civile, per il 15% l’indennità di frequenza. Sull’assistenza protesica ed integrativa, oltre la metà delle associazioni lamenta troppe differenze regionali. In generale, le problematiche principali riguardano i tempi eccessivamente lunghi per la fornitura (35%), la scarsa qualità dei presidi erogati (23%) e un problema di scarsa quantità (18%).

Pochi servizi sul territorio

Secondo il rapporto, che ha interpellato 46 associazioni aderenti al CnAMC, rappresentative di oltre 100mila cittadini, il 38,3% degli italiani dichiara di avere almeno una patologia cronica e di questi circa il 70% dichiara di essere comunque in buona salute. Ipertensione (17,1%), artrosi/artrite (15,6%) e malattie allergiche (10,1%) sono nell’ordine le tre malattie croniche più diffuse. Per quanto riguarda le malattie rare, in Italia si stima ci siano tra i 450mila e i 670mila malati rari. Oltre il 60% delle associazioni segnala la carenza di servizi socio-sanitari sul proprio territorio (ad esempio logopedia, riabilitazione, assistenza domiciliare, servizi di trasporto) e le difficoltà di orientarsi fra i servizi, più del 50% evidenzia difficoltà in ambito lavorativo, legate alla propria patologia, disagi nel comunicare la malattia, difficoltà economiche.

Indietro sulla prevenzione

Nel rapporto con il medico, il 78% riscontra di aver poco tempo a disposizione per l’ascolto, di aver visto sottovalutati i propri sintomi (44%), la poca reperibilità (42%) e la scarsa empatia (26%). Ancora indietro sui programmi di prevenzione: non solo perché il nostro Paese investe 83€ a persona (cifra inferiore a quella di paesi come il Regno Unito, la Germania, Danimarca, Olanda e Svezia), ma anche perché, come dichiarano le associazioni, ben il 56% non è stato coinvolto in programmi di prevenzione nel corso dell’ultimo anno. Laddove svolti, tali programmi riguardano per lo più l’alimentazione corretta (24%) e i corretti stili di vita (20%). Più della metà (58%) dice di non essere stato sottoposto a programmi di screening nel caso in cui ad un familiare sia stata riscontrata una malattia genetica e il 60% conferma un ritardo diagnostico.

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Il piano nazionale fermo al palo

“La presa in carico del paziente con patologia cronica rappresenta il cuore del Piano nazionale della cronicità e il punto sul quale si misura la qualità dell’assistenza fornita” scrive Cittadinanzattiva. Il 40% dichiara che sono stati coinvolti in progetti di cura multidisciplinari solo alcuni pazienti e in ugual percentuale (39%) addirittura nessun paziente. In merito alla riorganizzazione dell’assistenza prestata sul territorio, nonostante la legge abbia introdotto ad esempio le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e le UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie), il 39% non riscontra alcun cambiamento. Di conseguenza, i cittadini, nel 68% dei casi devono ricorrere al Pronto soccorso. E, ancora, non si accorciano i tempi di attesa nel percorso di cura: un’associazione su due afferma che non esiste un percorso agevolato che garantisca tempi certi per l’accesso alle prestazioni sanitarie. Nel frattempo, la riduzione dei posti letto ospedalieri comporta che, in due casi su cinque, i pazienti debbano ricoverarsi lontano dalla propria residenza o, in più di un caso su tre, accontentarsi di un posto letto in un reparto non idoneo.

 

A pagare soprattutto i più piccoli

Difficoltà ancora più pesanti, soprattutto dal punto di vista psicologico, quando si parla di bambini e ragazzi affetti da una patologia rara, che spesso devono rinunciare a partecipare alle attività extrascolastiche (46%), si scontrano con problemi concreti come la presenza di barriere all’interno dell’edificio scolastico (42%) e talvolta subiscono situazioni come l’isolamento dai compagni o addirittura atti di bullismo (21%).