Wwf: abbiamo finito il pesce italiano, ora solo quello d’importazione

Il Wwf ha ribattezzato il 1° aprile il Fish Dependence Day e indica il giorno in cui termina la capacità di soddisfare la domanda interna col pescato nazionale. Bene: dall’inizio del mese sono virtualmente esaurite le “scorte” di pesce e frutti di mare nazionali e per soddisfare la richiesta da qui alla fine dell’anno bisognerà ricorrere all’importazione dall’estero.

In Italia si consumano circa 25 chili di pesce procapite l’anno ma quasi la metà dei consumatori si concentra solo su sei specie di prodotti. E il giorno della dipendenza dall’estero secondo l’associaizone ogni anno si anticipa sempre di più. “Ogni anno il Fish Dependence Day anticipa di settimane, e di questo passo, fra qualche anno, mangiare pesce locale, a miglio zero, sarà impossibile”, dice Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia.

Il sovrasfruttamento del mare

l problema è rappresentato dal fatto che gli stock ittici dei mari europei e del Mediterraneo in particolare sono decisamente sovrasfruttati. Secondo la Commissione europea il 48% degli stock ittici in Atlantico sono sovrasfruttati, una cifra che sale al 93% nel Mediterraneo. E così dall’inizio di aprile, denuncia il Wwf, “la domanda di pescato in Italia e in Portogallo verrà soddisfatta solo da pesce importato, considerando la richiesta complessiva di mercato interno dell’intero anno. Nei due paesi, infatti, due terzi del mercato interno di pesce provengono da prodotti importati, metà dei quali solo da paesi in via di sviluppo”. In pratica si consuma più pesce di quanto si possa pescare nelle acque nazionali.

Il 6 luglio tocca all’Europa

Per la Germania Fish Dependence Day sarà il 29 aprile, per la Spagna il 9 maggio mentre il 6 luglio toccherà all’Europa: significa che da quel giorno tutto il continente avrà consumato l’equivalente dell’intera produzione europea annua di pesce.

Sostiene Donatella Bianchi: “Sembra oramai inarrestabile la dipendenza del mercato italiano dalle importazioni di prodotti ittici. In Italia, negli ultimi anni siamo passati dai 16 ai 25 kg di consumo procapite. È  il risultato di numerose  iniziative per la diffusione dei principi di una sana alimentazione che vede nel consumo di pesce un pilastro cruciale. Tre quarti del pesce consumato in Europa, Italia compresa, è  di origine selvatica, il resto di allevamento. Il problema è che le scelte del 42% dei consumatori si concentrano solo su sei specie, ignorando molte di quelle provenienti da stock disponibili”. Il Wwf evidenzia dunque la necessità di una filiera tracciata e la responsabilità del consumatore, chiamato a privilegiare pesce sostenibile e disponibile, anche se meno “pregiato”. Prosegue Bianchi: “È fondamentale che le autorità rafforzino le norme sulla tracciabilità e l’etichettatura, che le  imprese, come il mondo della ristorazione, le rispettino e i consumatori siano più attenti  nella scelta dei prodotti, selezionando quelli locali meno nobili magari ma più disponibili, anche di allevamento, o acquistando pesce d’importazione certificato, più sicuro, sostenibile e prodotto responsabilmente”.

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Il pesce sostenibile di #fishforward

Il Wwf ha lanciato il progetto #fishforward  per  informare sugli impatti sociali e ambientali del consumo di pesce di mare e  raccomandare l’acquisto di pesce sostenibile. “Sia per prodotti ittici nazionali che per quelli importati, il consumatore deve scegliere un pescato sano, fresco e sostenibile – dice Bianchi – Questo aiuta mari e oceani attraverso  il recupero degli stock ittici  e garantisce la stabilità  economica e i mezzi di sussistenza di quelle comunità  che, in tutto il mondo,  dipendono dalla pesca e dalla disponibilità del pesce”.