Slow Food: l’Ue non deve promuovere il consumo di carne

Ben 15 milioni di euro all’anno. Tanto vorrebbe destinare al settore (fortemente in crisi) delle carni bovine il commissario europeo per l’agricoltura Phil Hogan. Lo ha detto chiaro e tondo in un vertice annuale che si è tenuto a Clermont Ferrand, in Francia, sorprendendo e preoccupando, non poco, chi da anni conduce una battaglia senza tregua contro l’eccessivo consumo di carne.

 

Pascale: “Promuovere solo pratiche sostenibili”

“Un impegno del genere, cioè la promessa di investire una pioggia di denaro (pubblico) per sostenere l’industria della carne, è in netto contrasto con l’obiettivo dell’Unione europea di ridurre le emissioni di gas a effetto serra – ci dice Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia – e ci preoccupa moltissimo”. In effetti, non mancano certo gli studi scientifici che dimostrano come l’eccessiva produzione di carne sia una delle cause del cambiamento climatico e che l’unica soluzione per invertire la rotta è quella di cambiare le abitudini alimentari riducendo, appunto, il consumo di carne.

Ma con la dichiarazione di Hogan l’Europa sembra fare un passo falso. “Sostenere una filiera in crisi ci può stare – commenta Pascale – a patto, però, di seguire determinati criteri che favoriscano la creazione e il rafforzamento di pratiche agricole sostenibili, espellendo dal mercato invece quelle più dannose in termini di costi sociali e sanitari”.

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A rischio non solo l’ambiente

Contro il commissario europeo si sono dunque subito schierate varie associazioni (tra le quali – oltre a Slow Food – Greenpeace e Amici della terra), firmatarie di una lettera a lui indirizzata con la quale tentano di richiamare all’ordine l’Unione europea. “L’introduzione di misure volte ad aumentare ulteriormente il consumo di carne minerebbe la credibilità dell’UE e il suo impegno a combattere il cambiamento climatico”: si legge così in uno dei passaggi della lettera, che però non si ferma a ricordare i danni ambientali dovuti alla massiccia produzione di carne (dalla deforestazione alla perdita di biodiversità, dal degrado del suolo all’esaurimento delle risorse idriche). Ricorda anche le terribili condizioni in cui vivono gli animali in moltissimi allevamenti e come “troppo spesso, il loro trasporto al macello e le pratiche di macellazione non rispettano gli standard minimi di benessere animale, in violazione delle disposizioni del Trattato dell’UE, secondo cui la politica agricola dell’Unione dovrebbe rispettare pienamente il benessere animale”.

 

Meno carne, più salute

L’ultimo affondo contro le parole di Hogan riguarda, infine, la nostra salute: “il consumo di grandi quantità di carni trasformate e carne rossa è collegato a numerose patologie, tra cui l’obesità, le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, diversi tipi di cancro e a un elevato rischio generale di mortalità. Ridurre il consumo di carne può avere un ruolo essenziale nel migliorare la salute umana e allevierebbe in modo importante la pressione sui sistemi sanitari europei”.

Ci sono, insomma, validissimi motivi per arginare questa minacciata deriva europea pro-carne e virare invece, come chiedono le associazioni ambientaliste, verso “volumi minori, maggiore qualità, rispetto del benessere animale, maggiore sostenibilità ambientale, minori emissioni e un rinnovato legame tra allevamento e agricoltura”.