Ue: no cosmetici testati sugli animali (anche se condotti in un Paese terzo)

E’ vietato commercializzare in Europa cosmetici testati sugli animali, anche se queste sperimentazioni sono effettuate al di fuori dei confini europei. Il principio è contenuto nell’ultima sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea chiamata in causa da un giudice britannico cui l’European Federation for Cosmetic Ingredients si era rivolta per sapere se alcune società fossero passibili di sanzioni penali in caso di immissione sul mercato del Regno Unito di cosmetici contenenti ingredienti sottoposti a sperimentazioni animali.

In particolare, le aziende tirate in ballo dall’associazione di categoria, facevano sperimentazioni al di fuori dell’Unione affinché certi prodotti cosmetici potessero essere venduti  in Cina e in Giappone. Dal momento che si tratta di ingredienti non ancora autorizzati nell’Ue, la Corte ha chiarito che “l’immissione sul mercato europeo può essere vietata anche quando tali sperimentazioni sono state condotte fuori dall’UE per consentire la commercializzazione in paesi terzi e il risultato di tali sperimentazioni è utilizzato per comprovare la sicurezza del prodotto“.

Quello delle sperimentazioni effettuate al di fuori dell’Unione europea è considerata una “zona grigia” del Regolamento sui cosmetici 1223 del 2009: se, da un lato il provvedimento comunitario vieta esplicitamente i test sugli animali sia sul prodotto finito che sui singoli ingredienti sviluppati appositamente per il campo della cosmesi dall’altro non era sufficientemente chiara nei confronti di quelle aziende che, producendo  e vendendo in tutto il mondo, avrebbe potuto sperimentare in un paese terzo e poi vendere i prodotti finiti in Europa. Adesso la Corte ha chiarito il principio sottolineando che “l’accesso al mercato dell’Unione è subordinato al rispetto del divieto di sperimentazioni animali” e sotto questo aspetto è “irrilevante il fatto che le sperimentazioni animali siano state richieste per permettere la commercializzazione del prodotto in paesi terzi”. Inoltre – sottolinea la Corte – il diritto dell’UE non opera alcuna distinzione in base al luogo in cui è stata effettuata la sperimentazione animale.

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