Il turista pedofilo italiano? Un antisociale con pochi sensi di colpa

Il turismo sessuale è il terzo traffico illegale per ordine d’importanza dopo droga e armi. Esiste un Osservatorio pedofilia curato dal dipartimento Pari opportunità del governo italiano e l’Italia è uno dei paesi all’avanguardia in Europa sulle disposizioni contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. Sia ben chiaro che un adulto che ha rapporti sessuali con un minore commette un reato e, se il minore non ha ancora compiuto 14 anni si tratta di violenza sessuale presunta, anche se si dichiara che il minore era consenziente. A sancirlo è la legge 66/1996 “Norme contro la violenza sessuale”.

Bisogna anche dire che l’Italia è al secondo posto al mondo per quanto riguarda la libertà sessuale, poiché l’età minima per il consenso è di soli 14 anni (al primo posto c’è la Spagna, dove l’età minima è di 13 anni) e non c’è violenza sessuale presunta fino a una differenza di 3 anni tra i due partner (ad esempio tra una quattordicenne e un diciassettenne o viceversa).

Consenso e sfruttamento della prostituzione

Lo sfruttamento della prostituzione minorile è qualcosa però che va al di là del consenso. Con la legge 269/1998, “Sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, viene introdotta l’extraterritorialità: il cittadino italiano che commette questo reato può essere perseguito ovunque nel mondo, sia nel paese in cui lo commette, sia al suo ritorno in patria. E il nostro ordinamento penale punisce anche qualsiasi iniziativa turistica al riguardo, dunque chiunque organizzi o propagandi viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno dei minori, o che in ogni caso le comprenda, sarà condannato alla reclusione da 6 a 12 anni e al pagamento di una multa.

Anche gli stessi minori che si prostituiscono commettono un reato: la legge 38/2006 stabilisce che fino a 18 anni non ci si può prostituire, ovvero compiere atto sessuale in cambio di denaro o altra utilità economica.

E, per evitare la scusa più banale del turista sessuale, “non sapevo che fosse minorenne”, si sappia che l’articolo 609 sexies del codice penale stabilisce che quando il/la baby partner è minore di 14 anni, “non si può invocare a propria scusa l’ignoranza dell’età della persona offesa”.

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Cosa pensa della pedofilia e dei pedofili chi, nella sua attività professionale è venuto a contatto con diversi casi del genere? Lo abbiamo chiesto a Paolo Cianconi,  psichiatra e psicoterapeuta, direttore dell’area di etnopsichiatria dell’Istituto A.T. Beck (www.istitutobeck.com), che nella sua attività presso la Casa Circondariale di Regina Coeli a Roma ha incontrato anche questo fenomeno tra i vari reati.

Dottor Cianconi, innanzitutto cosa si intende per pedofilia?

La pedofilia, dal punto di vista scientifico, appartiene alle parafilie: una lista di disordini relativamente comuni che prevedono per la soddisfazione di atti sessuali un danno agli altri, tanto da essere spesso classificati come atti criminali. La pedofilia sicuramente lo è. Avere interesse per ragazzi al di sotto di 13 anni e un’età superiore a 16 è un criterio temporale per la pedofilia. Altro criterio necessario è la durata del disturbo per un periodo superiore a sei mesi. La pedofilia non sono solo atti, ma anche pensieri e preferenze di scelta sessuale, anche non agita. La diagnosi, in effetti, è facile.

Ci sono  cause riconoscibili?

Ne sappiamo poco. Si spazia dai fattori caratteriali (caratteropatici) a quelli ambientali o genetici. Nulla di definitivo è finora emerso. Alcuni pedofili hanno subito violenze e prevaricazioni sessuali in età infantile, altri no, e comunque il PTDS (disordine da stress post traumatico, ndr) potrebbe essere una razionalizzazione antisociale a posteriori di un’azione criminale. Alcuni psicopatici sono pedofili, ma la maggior parte no. Le cause della pedofilia si confondono con l’antisocialità (e non solo le cause).

E cosa ci dice del turista pedofilo?

Il confine di 13 anni che sancisce la non accessibilità alla sessualità di un essere umano da parte di un adulto è un confine non rispettato dai pedofili. In questo il pedofilo è un antisociale e violando le leggi commette un crimine. Tuttavia i confini sono ambigui, come sono ambigui gli Stati, le leggi e le morali che spesso li sottendono. Il turismo pedofilo tira in ballo la concezione di un’area interna di appartenenza culturale e il resto che è fuori. Questa suddivisione è un residuo del colonialismo ma non solo. Le persone di altri gruppi appaiono sempre dotate di minori diritti; così anche i figli degli altri sono meno figli e meno protetti. Il post-colonialismo ci ha insegnato come il diritto del debole, servo o schiavo, è spesso un problema di riconoscimento della cultura egemone su quelle subalterne. Questo discorso è passato integro nel neoliberismo: il rene dell’altro può essere comprato e contrabbandato, così come il figlio dell’altro, il futuro dell’altro, quando l’altro e i suoi genitori non abbiano i soldi per potersi difendere.

Il turista pedofilo prova sensi di colpa? 

È noto il discorso fatto da un pedofilo. Possiamo dividerlo in un discorso interno e in uno esterno. Il primo affonda le sue radici nel disturbo stesso, nell’eccitazione e nei disagi che crea all’individuo l’avere fantasie o spinte sessuali verso bambini e giovani adolescenti (vergogna e sensi di colpa e di sporcizia). Soprattutto l’antisocialità produce al pedofilo un limitato accesso ai sensi di colpa o all’empatia con la vittima. Questo discorso, nel turismo sessuale, si mischia a convincimenti di pulizia e superiorità “razziale”, di buonismo contro chi non è altro che un selvaggio, un portatore di malattie, un povero, un ingrato. Il discorso interno, per quanto sia un mondo molto semplice, raramente esce per quello che è. Il discorso esterno, invece, emerge dall’esigenza di trovare giustificazioni di fronte alla legge e alle proprie responsabilità. Al massimo il pedofilo richiede di essere curato invece che punito. Si paragona ad altri ambiti che sono stati inizialmente perseguiti e poi liberalizzati quali l’omosessualità, le droghe leggere. In realtà il discorso esterno è una razionalizzazione antisociale.