Nanomateriali, superare la valutazione del rischio caso per caso

Transparent of graphene application.

L’attuale valutazione caso per caso dei rischi dei nanomateriali non è l’approccio più efficace a lungo termine per garantirne la sicurezza. E’ la conclusione cui giunge una recente review che ha esaminato gli approcci normativi. Se, infatti, la ricerca sull’uso dei nanomateriali corre veloce dal momento che le aziende sono sempre più interessate a mettere in commercio prodotti di consumo con performances elevate, lo stesso non può dirsi della ricerca scientifica sulla sicurezza delle nanoparticelle. Così come si è ancora lontani da una regolamentazione unica e condivisa sull’uso sicuro dei nanomateriali. Nel settore della cosmesi e in quello alimentare si è giunti all’obbligo di indicare in etichetta la presenza dei nanomateriali in tempi recenti: nel 2013 per i cosmetici e nel 2014 per i prodotti alimentari. In tutti gli altri casi, il comitato europeo Schenihr suggerisce una valutazione del rischio particolareggiata, che varia da caso a caso.

Tuttavia questo approccio, alla luce della review, non è quello più adeguato dal momento che, non solo richiede troppe risorse, ma anche perché può ostacolare l’innovazione. D’altronde, una regolamentazione del genere non è impossibile: in Svizzera, ad esempio, seppur non vincolante per le aziende, il governo ha predisposto una scheda di dati di sicurezza (SDS) che, da un lato, deve mettere l’industria di trasformazione e l’artigianato nella situazione di poter riconoscere una possibile messa in pericolo durante i processi di fabbricazione e lavorazione. D’altro lato la stessa deve fornire le basi necessarie per valutare potenziali pericoli per la salute e per l’ambiente dovuti ai prodotti fabbricati.

Quel che è certo è che necessario riuscire ad avere a disposizione dati certi sulla sicurezza dell’uso dei nanomateriali dal momento che sono contenuti in molti prodotti in commercio in svariati settori: gli ultimi dati relativi all’utilizzo di nanomateriali sono quelli del Progetto sulle nanotecnologie emergenti (Pen) che nel 2013 ha censito 1628 prodotti di uso comune contenenti nanoparticelle, il 24% in più rispetto al 2010 ed è lecito pensare che negli ultimi due anni questo numero sia ulteriormente aumentato.

Cosmetici, prodotti alimentari, farmaci, tessuti repellenti alle macchie e tanto altro. Anche il Test se ne è occupato dando spazio ai risultati di un’indagine microscopica condotta da Stefano Montanari, uno scienziato modenese da tempo impegnato sulla ricerca in questo settore, che ha rilevato la presenza di micro e nanoparticelle di silicio, ferro, alluminio, titanio, zolfo nello strato superiore di molte padelle antiaderenti.