E se la colf mi chiede di lavorare in nero?

“Caro Test,

sono un pensionato di 70 anni: da alcuni anni usufruisco di un aiuto domestico per 3 ore settimanali con retribuzione oraria di 9 euro e con liquidazione della tredicesima e delle ferie.

La signora, del cui lavoro sono soddisfatto, non vuole essere messa in regola in quanto gode di una propria pensione alla quale si aggiunge quella di reversibilità del marito defunto.

C’è un modo per poter regolarizzare tale situazione?”

Lettera Firmata, Verona

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Il quesito del nostro lettore ci consente di affrontare un argomento molto interessante e ricco di implicazioni.

Veniamo subito al punto: non c’è accordo fra le parti che tenga, la legge stabilisce con estrema chiarezza che il datore di lavoro è sempre “responsabile” del regolare versamento dei contributi dovuti per il dipendente all’Ente di previdenza e che il pagamento della contribuzione è sempre dovuta.

Sui rischi e sulle conseguenze riconducibili al mancato pagamento dei contributi va premesso che non conviene mai e in nessun caso, neanche quando sia lo stesso dipendente a chiederlo. Nel rapporto di lavoro domestico poi, in maniera particolare.

È successo infatti che proprio durante lo svolgimento dell’attività, la collaboratrice familiare si sia fatta male e possa avere avuto bisogno di cure anche a carico di altri istituti assicurativi. L’uso del ferro da stiro, la pulizia dei lampadari, dei vetri delle finestre, il ricorso per più motivi alla scala (o a una sedia traballante) per raggiungere punti altrimenti irraggiungibili, la cura dell’ambiente domestico comportano più rischi del lavoro in fabbrica, come ampiamente comprovato dalle statistiche.