Come funziona la mediazione familiare

“Gentile avvocato Paoli,


io e mio marito, ex perito tecnico industriale in cassa integrazione, abbiamo due figli, Lorenzo di 12 e Chiara di 6 anni. Ci stiamo separando, ma il grado di conflittualità tra noi è altissimo, si alternano esasperazione e depressioni, aggressività e tristezze, perfino episodi di violenza fisica e verbale. Durante una terapia di coppia io ho scoperto che mio marito ha sviluppato delle dipendenze, lui che io ho una nuova relazione. Mentre nostro figlio riesce a mantenere con pacatezza il rapporto con entrambi, la piccola Chiara manifesta seri problemi: grave rifiuto della scuola, chiusura in se stessa, inappetenza, mancanza di socializzazione con gli amichetti, aggressività nei miei confronti che ai suoi occhi ho lasciato il papà.
 Il terapeuta ci ha consigliato di chiudere la terapia e di ricorrere alla mediazione familiare. Di cosa si tratta?”

La richiesta della nostra lettrice, ci dà modo di approfondire i casi più difficili in un divorzio, quelli in cui il rapporto diventa ingestibile, la terapia di coppia non funziona, il legale di fiducia può non bastare più. In questi casi vengono attivate istanze di aiuto, spesso proposte anche dal giudice. Gli strumenti di welfare sono molti, ma per la rilevanza che da tempo assume e l’opportunità che offre la mediazione familiare merita un approfondimento.

IL MEDIATORE

Si tratta di un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari durante o in seguito alla separazione, al divorzio o alla “frattura” della coppia in generale. Il mediatore familiare si adopera perché la coppia genitoriale resti protagonista e mantenga la propria competenza e capacità decisionale sui figli. Consiste in un percorso di 10-12 incontri tra il mediatore e i due ex coniugi. Sono solo questi ultimi che nel corso dei primi incontri individuano e decidono le tematiche oggetto di confronto e negoziazione, attraverso l’analisi dei bisogni e delle aspettative, incentrate sui figli.

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Il mediatore familiare, è bene ricordare, non è un arbitro, né un giudice o un patologo. Il mediatore è colui che traduce e facilita la comunicazione tra le due parti coinvolte, attraverso regole chiare e condivise, si fa garante di uno spazio scelto in libertà e di come esprimere le richieste dei partecipanti.
La mediazione familiare è concepita e caratterizzata dalla:

a) volontarietà di accesso;

b) neutralità del mediatore;

c) limitatezza temporale dell’intervento;

d) partecipazione solo dei due coniugi (dagli incontri sono esclusi i figli);

e) individuazione di obiettivi definiti solo dalle due parti.

La competenza e la professionalità del mediatore si svolge proprio nella sua funzione di guida e garante con lo scopo di promuovere il benessere dei loro bambini che non può esserci senza la ricostruzione del benessere dei genitori.
Non emette giudizi, non prende le parti dell’uno o dell’altra, legge piuttosto nei loro occhi, ascolta dalle loro voci, coglie nei loro gesti.
E nel contesto “debole” in cui si svolge la mediazione, piuttosto che in quello “forte” del tribunale, la coppia può superare il conflitto, portando poi al giudice condizioni condivise per la cura e la tutela dei loro figli, pur nella risoluzione del legame di coppia.

COSA C’E’ DA SAPERE

Quale è la formazione del mediatore familiare?

Il mediatore familiare, pur avendo di base una formazione sia nelle scienze psico-sociali che nelle scienze giuridiche (può, dunque, essere uno psicologo, un avvocato o un assistente sociale) deve conseguire necessariamente un’abilitazione “ad hoc” attraverso un percorso formativo della durata di almeno due anni. Il suo iter formativo deve essere certificato da apposite scuole di formazione in mediazione che aderiscano agli standard professionali e deontologici europei.

Esistono casi in cui la mediazione familiare è impraticabile?

Questo intervento è precluso nei casi in cui emergano:

– episodi di grave violenza o maltrattamenti, dimostrati e dichiarati;
– denunce penali in atto perseguibili d’ufficio; episodi di abuso nei confronti dei figli, dichiarati o dimostrati;
– presenza di patologie che inficino l’esercizio della capacità genitoriale e la possibilità di instaurare relazioni interpersonali.

A chi rivolgersi per entrare nel percorso di mediazione familiare?

Esistono servizi territoriali pubblici o convenzionati. Questi sono presenti nel comune della propria città e nel resto del territorio provinciale. La coppia o uno dei due, oltre ad acquisire tutte le informazioni attraverso lo strumento telematico, può recarsi presso il municipio di appartenenza o presso la sua Asl, la quale quasi sempre all’interno del Consultorio ha collocato anche un centro di mediazione familiare. Anche l’ambito privato offre sedi di mediazione di serio livello professionale. Le maggiormente rappresentative in Italia sono: SIMeF, AIMeF, AIMS. Sia nel pubblico che nel privato i centri di mediazione familiare aderiscono a protocolli professionali e deontologici europei.
Quando viene proposta la mediazione?

In genere quando il legale, lo psicologo o il magistrato percepiscono:

– l’evidenza di chi impone e chi subisce nella coppia;

– casi in cui non si riesca a mitigare la rabbia;

– pericolose dinamiche disfunzionali nelle relazioni con i figli;

– l’uso dei figli per tenere legato il compagno