Stop anatocismo, ora tocca a Banca Sella

L’ultima in ordine di tempo è la Banca Sella alla quale il Tribunale di Biella – ieri 7 luglio – ha inibito ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi e ogni pratica anatocistica in tutti i contratti di conto corrente con i consumatori. Il Movimento consumatori, l’associazione che ha promosso da mesi la campagna Stop anatocismo, porta così casa un’altra vittoria che va ad aggiungersi a quelle riportate nelle settimane scorse contro gli istituti di credito. Il 17 aprile 2015 il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta di inibitoria presentata dall’associazione presieduta da Alessandro Mostaccio e ha ordinato a Ing Bank, Bpm e Deutsche Bank di cessare ogni pratica anatocistica (applicazione degli interessi sugli interessi); il 29 giugno è toccato alla Banca regionale europea (gruppo Ubi): il Tribunale di Cuneo ha intimato lo stop alla capitalizzazione degli interessi; il primo luglio ancora il tribunale meneghino è intervenuto contro Intesa Sanpaolo vietando la pratica anatocistica. Ieri infine è toccato a Banca Sella.

Diverse sentenza, stesso verdetto

Le diverse sentenze producono tutte lo stesso effetto. “Dal 1° gennaio 2014 per le banche è vietata ogni forma di anatocismo – dice Paolo Fiorio, coordinatore dell’Osservatorio Credito e risparmio del Movimento consumatori e legale dell’associazione nelle cause – gli interessi scaduti non possono più produrre nuovi interessi che devono essere conteggiati solo sul capitale”.

La legge Finanziaria 2014, entrata in vigore il primo gennaio 2014, ha riformato l’articolo 120 del Tub, il Testo unico bancario, che da allora vieta ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi. Chi continua ad applicare il tasso di interesse oltre che al capitale anche agli interessi già maturati continua a praticare l’anatocismo, un modus operandi bocciato da ben due tribunali con quattro sentenze differenti.

“Risarcite i correntisti”

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Secondo gli istituti italiani invece affinché il nuovo articolo 120 del Tub abbia forza di legge, è necessaria una delibera del Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, che però, nonostante siano passati 18 mesi dall’entrata in vigore della Finanziaria 2014 non è mai arrivata. Replicano dal Movimento consumatori: “Come precisato dal Tribunale di Milano, il divieto di anatocismo, enunciato dal nuovo articolo 120 Tub, è chiarissimo e non necessita di alcun intervento del Cicr al quale può spettare solo l’individuazione delle modalità di applicazione e conteggio degli interessi”.

Anche la Commissione europea ha chiesto all’Italia nelle scorse settimane chiarimenti in merito al divieto di anatocismo bancario come sancito dalle diverse sentenze giudiziarie. Spiega l’avvocato Fiorio: “Lo stesso Tribunale di Biella ha chiarito che il divieto di anatocismo non comporta alcun profilo di illegittimità con il diritto europeo, affermando  che l’eliminazione di una condizione gravosa quale l’anatocismo risponde agli interessi generali di tutela dei consumatori”. Correntisti che, secondo il Movimento consumatori, devono essere risarciti dalle banche.

Il governo tace

Colpisce in questa vicenda la totale assenza di un pronunciamento da parte del governo al quale 14 associazioni dei consumatori italiane si sono rivolte chiedendo l’immediata attuazione dell’articolo 120 del Tub. Sono circa 2 i miliardi di euro che, nel solo 2014, sarebbero stati calcolati illegittimamente dagli istituti di credito e sottratti ai correntisti. “Invitiamo tutti gli istituti inibiti – spiega Alessandro Mostaccio presidente del Movimento consumatori – ad avviare urgentemente una procedura di conciliazione per restituire alla propria clientela gli interessi anatocistici illegittimamente incassati. La nostra associazione provvederà, altrimenti ad avviare una class action per tutelare i correntisti”.