Stop anatocismo, ecco i moduli per i rimborsi

La lista delle banche condannate per anatocismo si allunga: il Tribunale di Milano, accogliendo la richiesta del Movimento consumatori, ha inibito UniCredit dal praticare ogni forma di capitalizzazione degli interessi passivi e ogni pratica anatocistica in tutti i contratti di conto corrente con i consumatori. Salgono così a sette gli istituti di credito condannati, da diversi tribunali e con diverse sentenze, per anatocismo (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Deutsche Bank, Ing Bank, Banca Popolare di Milano, Banca Regionale Europea, Banca Sella) e il Movimento consumatori, che da mesi ha promosso la campagna Stop Anatocismo, invita ora i correntisti delle banche coinvolte a richiedere il rimborso gli interessi anatocistici utilizzando i moduli presenti sul sito dell’associazione.

Reclamo per iscritto

“Visto che dopo 18 mesi, le istituzioni e gli organismi di vigilanza continuano a rimanere immobili di fronte alla mancata applicazione del divieto – spiega in una nota l’associazione – Movimento consumatori, forte delle condanne di sette banche, invita i cittadini a diventare parte attiva della campagna Stop Anatocismo facendo valere i propri diritti”.

Se si è correntisti di una delle sette banche “condannate” e il proprio conto corrente dal 1° gennaio 2014 è andato in rosso oppure si è utilizzato il fido o lo scoperto di conto, si può chiedere, spiegano dall’ organizzazione presieduta da Alessandro Mostaccio, alla banca la restituzione degli interessi anatocistici pagati fino a oggi.

Il primo passo da compiere è quello di compilare il modulo di reclamo – il fac-simile è scaricabile dal sito dell’assocaizione – da inviare all’istituto di credito e per conoscenza al Movimento consumatori e alla Banca d’Italia. Una sorta di messa in mora della banca che preannuncia, nel caso in cui non avvenga il risarcimento, l’azione giudiziaria da parte dell’utente che potrà contare sull’assistenza del Movimento consumatori.

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Il governo tace

La legge Finanziaria 2014, entrata in vigore il primo gennaio 2014, ha riformato l’articolo 120 del Tub che da allora prevede, come spiegano dall’associazione, che “gli interessi scaduti non possono più produrre nuovi interessi che devono essere conteggiati solo sul capitale”. Chi continua ad applicare il tasso di interesse oltre che al capitale anche agli interessi già maturati continua a praticare l’anatocismo, un modus operandi bocciato da ben sette pronunciamenti giudiziari.

Secondo gli istituti italiani invece affinché il nuovo articolo 120 del Tub abbia forza di legge, è necessaria una delibera del Cicr, il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, che però, nonostante siano passati 18 mesi dall’entrata in vigore della Finanziaria 2014 non è mai arrivata. Una questione tuttavia che potrebbe essere ininfluente tanto che, come hanno precisato i tribunali che si sono espressi, il divieto di anatocismo, enunciato dal nuovo articolo 120 Tub, è chiarissimo e non necessita di alcun intervento del Cicr al quale può spettare solo l’individuazione delle modalità di applicazione e conteggio degli interessi.

Resta a questo punto da sciogliere il nodo dei rimborsi. Una questione aperta dalle sentenze ma che né il governo né le autorità di vigilanza, Banca d’Italia e Antitrust, hanno voluto affrontare fino ad ora. Insomma i tribunali condannano e la politica e i regolatori tacciano. Fino a quando?