Kellogg’s inciampa sulle stelle e cambia le confezioni dei cereali

Kellogg’s ha annunciato che in Australia sta cambiando il packaging delle sue confezioni di cereali dopo le critiche al sistema di etichettatura e alle informazioni sulla salute dei suoi prodotti.
kellogg'sIn Australia dal 2014 vige il sistema Star Rating che obbliga le industrie a riportare in confezione il giudizio sui profili nutrizionali dei prodotti con le stelle (da una a cinque). L’associazione dei consumatori Choise ha fortemente criticato la Kellogg’s per aver confuso gli acquirenti con un messaggio benevidente sulle scatole che, per spiegare come funziona la classificazione, fa un esempio prendendo a riferimento un prodotto con 3,5 stelle. Un esempio che viene riportato su tutte le confezioni identico, a prescindere dalla classificazione del singolo tipo di corn flakes. E così si potrebbe pensare che 3,5 stelle sono quelle meritate dai Kellogg Crunchy Nut, che invece hanno avuto solo due stelle.

Ma semafori e stelle possono bastare?

Il caso fa tornare a galla le polemiche mai sopite, anche in Europa, tra chi (soprattutto i paesi del Nord e le associazioni dei consumatori che fanno riferimento a questa area) vorrebbe un sintetico semaforo degli alimenti per dare ai consumatori un giudizio immediato sulla loro “salubrità” e chi, invece lo contesta.
L’etichetta a semaforo è stata introdotta sul mercato inglese nel giugno 2013 e in base al contenuto di grassi, zuccheri e sale assegna un colore all’alimento che dovrebbe mettere in allarme  (o tranquillizzare) chi sta per comprarlo. Un verdetto tanto sintetico da essere in diversi casi fuorviante. Calcolando il giudizio sui nutrienti contenuti in 100 grammi di prodotto, tanto per fare l’esempio più forte, finisce per penalizzare persino l’olio extravergine di oliva con un segnale giallo “di pericolo”. Senza tenere conto che la dose di olio aggiunta nell’insalata è di circa 10 grammi, non 100.

“Vi fidate di Mars, Nestlé e Pepsi?”

Tra le associazioni dei consumatori italiane Altroconsumo è tra le poche a sostenerlo, spiegando che in questo modo i consumatori “riescono a capire cosa significa l’indicazione nutrizionale relativa alle quantità di zucchero, sale e grassi e a orientare il proprio comportamento alimentare di conseguenza per limitare l’eccesso di peso, o per non eccedere oltre con colesterolo, trigliceridi e zuccheri, come suggerito dal medico”.
Molto più vasta la schiera dei contrari. Tra questi Antonio Longo, presidente del Movimento difesa del cittadino, che commentava così al Salvagente l’efficacia di questa classificazione proveniente dalla Gran Bretagna: “Prima di decidere se siete a favore o contro il sistema delle etichette-semaforo, ponetevi tre domande. Mars, Nestlé, Pepsi… vi fidereste di indicazioni nutrizionali fornite da queste sigle?
Tra 25 grammi di parmigiano reggiano e una confezione di Philadelphia light, credete che questa sia più salutare per la dieta di un bambino?
Accettereste lezioni di educazione alimentare da chi ha fatto scoppiare lo scandalo di “mucca pazza” (la Gran Bretagna, ndr)?
Se avete risposto sì alle tre domande, allora siete pronti ad accettare le etichette-semaforo. Mars, Nestlé e Pepsi sono tra le sigle che hanno abbracciato subito il sistema lanciato nel 2013 dal governo inglese e accettato con entusiasmo dalle principali catene commerciali, come Tesco”.